Esistono giorni destinati ad avere uno spazio prezioso, privilegiato, nel personalissimo cassetto dei ricordi. Esistono giorni in cui emozioni e ansie, gioia e timore riescono a vivere in un connubio perfetto, istanti destinati a rimanere eterni, proprio perché legati ad un momento magico, indimenticabile.
Per un ragazzo classe 1991, nato a Napoli e originario di Frattamaggiore, il 24 gennaio non potrà mai essere un giorno come tutti gli altri, un traguardo unico e irripetibile, un sogno che si avvera, l’inizio di un percorso ambito, bramato, fin dai primi calci. Quella maglia azzurra agognata e ottenuta, lottando contro i pregiudizi legati a un fisico non imponente, cercando allo stremo di dimostrare che il talento, abbinato ad impegno ed abnegazione costante, può sopperire a qualsiasi limite.
Il 24 gennaio del 2010, cinque anni fa, Lorenzo Insigne esordiva in maglia azzurra, l’allora gioiello più fulgido della Primavera partenopea era ormai da tempo seguito dallo staff tecnico della prima squadra. Il ritiro con gli azzurri e le prime amichevoli estive con Donadoni, l’occhio vigile e attento di una società che sul ragazzo, fin dall’intuizione di Beppe Santoro, aveva sempre puntato molto. L’arrivo di Walter Mazzarri a scompaginare un’annata che sembrava fatta di nuovi passi indietro, l’inizio di una scalata impressionante, che non si sarebbe più fermata. A Livorno, in quella domenica di pieno inverno, la Serie A che si spalanca, l’ingresso per Denis a circa un minuto dalla fine, con gli azzurri che ormai si apprestavano alla vittoria in trasferta grazie alle reti di Hamsik e Cigarini. Secondi che appaiono eterni, infiniti, correndo a perdifiato, come gli istanti a bordocampo attendendo l’ingresso in campo. Una gioia unica, ovviamente irripetibile, un nodo in gola che si scioglie nella più dolce delle gratificazioni, l’inizio di una grande avventura.
Pochi giorni dopo sarebbe approdato a Cava dei Tirreni, pronto a intraprendere quel percorso che passando per Foggia e Pescara, alla corte di un maestro di calcio – soprattutto offensivo – come Zeman, avrebbe poi riconsegnato al Napoli un talento cristallino, un giocatore di spessore per qualità, doti e attaccamento. Un ragazzo ritornato in azzurro con un peso importante, quello di sostituire il partente Ezequiel Lavezzi. Un rapporto di amore, quello con la piazza, che negli anni è stato caratterizzato da alti e bassi, odi et amo, come sempre con un pubblico che con i figli della propria terra è esigente, perché in loro si rivede, pretende oltre misura. Lorenzo talvolta ha sbagliato e chiesto scusa, cosa che a parti invertite forse non è accaduto. Ha risposto sul campo, con dedizione, estremo impegno, sbagliando e imparando, diventando passo dopo passo, partita dopo partita, un giocatore essenziale nello scacchiere di Rafa Benitez, non un tecnico qualsiasi, un allenatore che la stoffa la riconosce a primo acchito, che del suo numero 24 non si è mai privato, nonostante una varietà di scelte da non trascurare.
Da quella maledetta sera del Franchi Insigne lotta per ritornare più forte di prima, una battaglia serrata contro la malasorte e contro il tempo, per dare tutto se stesso in un rush finale che tutti si auspicano ambizioso, ricco di soddisfazione. Voglia e grinta, che da quell’indimenticabile 24 gennaio non sono mai mancate, e lo accompagneranno sempre nella sua carriera, con l’azzurro come seconda pelle.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 25 Gen 2015 - 03:16