Soffrire, strapparsi i capelli, mangiarsi i gomiti. Poi il boato. Incredulo, forse per questo immensamente rumoroso. Una pazza rimessa, un pazzo Ghoulam, la pazza Inter. L’unico sano di mente era Higuain, talmente sano da disegnare parabole col compasso al 93’ inoltrato. Assurdo. Fuorigrotta ha vibrato pesantemente in quei minuti di recupero. Quella zona cesarini che ai tempi di Mazzarri era un continuo agguato alle coronarie. E’ tornata a farci esplodere di gioia. Non accadeva da molto, almeno al San Paolo. A Doha, invece, era il 120’. Dire che eravamo spacciati sembrerebbe un eufemismo.
La notte trionfale di Supercoppa doveva essere uno spartiacque della nostra tribolata stagione. Un non plus ultra. O meglio un non minus ultra visto lo scempio di Milano appena qualche giorno prima. Così è stato. Ben sei vittorie dall’inizio del nuovo anno ed una sola sconfitta con la Juventus, con tutte le attenuanti del caso. Soprattutto tre vittorie consecutive per la prima volta nella stagione. Discutiamo di tutto, ma non dei numeri.
Higuain sugli scudi, condottiero e risolutore di quasi tutte queste battaglie. Ma è la compattezza e lo spirito di sacrificio dell’intero gruppo a far ben sperare. Quell’unione di intenti che minimizza i fronzoli e lascia lo spettacolo nella credenza per imbandire la tavola di concretezza. In fondo, nelle ultime quattro affermazioni, si è trattato sempre di vittorie di misura. Lazio, Genoa, Chievo e Inter hanno mostrato il nuovo volto del Napoli sotto tutti i profili. Cinico e accorto, anche se a tratti eccessivamente sparagnino. Certo, a volte chiudere la gara a doppia mandata eviterebbe tanti spasmi ai tifosi. Ma nell’Olimpo delle grandi, dove pian piano vogliamo arrampicarci, si vince anche con un solo gol di scarto e gestendo saggiamente l’incontro. Aspetto sul quale il Napoli ha sempre attratto critiche. Eppure, nonostante ciò, c’è ancora qualcuno che storce il naso.
Beh, poche scuse. La tela dell’insoddisfazione è un’opera mai ultimata. Perchè Benitez creava un gioco effervescente e gli si imputava (me compreso) di non calarsi adeguatamente nel nostro campionato. Ora vince un po’ all’italiana e “Eh, ma il Napoli gioca maluccio!”. Intelligenti pauca. Criticare alcune scelte e un credo tattico inamovibile può anche andar bene, il disfattismo gratuito preferisco lasciarlo alla stampa del nord. Con la disponibilità di tutta la sua rosa e un minuzioso lavoro sul campo, Rafa sta trovando il suo equilibrio. Niente di definitivo, evidentemente, non voglio prodigarmi in un inchino adulatore. Ma per nessuna insana ragione non bisogna riconoscere questi passi in avanti.
La qualità in organico va ad intermittenza come fossimo ad una serata in discoteca. Hamsik, Mertens, Gabbiadini, Jorginho, Inler, si illuminano e si spengono anche in frazioni di secondo. E allora è il momento del Napoli dei polmoni e dell’animo gregario. Di un duo di centrocampo che stride nella lotta per la Champions, ma che offre copertura al quartetto arretrato fin troppo circense e a quelli davanti consente la libertà di lampeggiare a loro piacimento. Avete una soluzione migliore?
Immaginereste allo stato attuale una squadra senza Gargano? Corre per quattro, ringhia anche sui cartelloni pubblicitari e sbaglia meno della tradizione. Eppure deve ancora conquistare l’ultima fetta di pubblico, quella che preferisce le dichiarazioni d’amore eterno tradito alla prima occcasione invece di una maglia sudata in campo. E’ l’ora di Johnny De Guzman, ago della bilancia della squadra e del periodo azzurro. Preferito ad altri senatori per dinamismo e lavoro di cucitura, ha seriamente rischiato di compromettere alcune gare con errori grossolani sotto porta. “Ma se segnasse in ogni occasione sarebbe un centrocampista da 30 milioni”, ha asserito giustamente Benitez. Non li vale, è chiaro. Sarà un caso che è ancora titolare?
Vittorie striminzite, stiracchiate. Ma meritate. Come meritato è l’entusiasmo cresciuto attorno ai partenopei negli ultimi tempi. Ma vietati gli eccessi. Misuriamo l’euforia, oltre ai risultati. Perchè gli sbalzi d’umore sono il nostro atavico tallone d’Achille. Che si ripercuote come un tornado sulle sorti del gruppo. Gli errori e le leggerezze, soprattutto in fase difensiva, restano e occorre continuare a lavorare. Senza false illusioni. Il Napoli ha assoluta necessità del suo pubblico, ora e soprattutto al prossimo ostacolo. Le sconfitte aiutano a crescere. Ma con le vittorie, purtroppo, è facile tornare bambini. Mai perdere la bussola. Non è più tempo di salire sulle giostre.
Ivan De Vita
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Articolo modificato 6 Feb 2015 - 21:57