Napoli. Sentirsela addosso, nel cuore, in ogni centimetro di pelle, dalla testa fino alla pancia. C’è chi la vive ogni giorno, chi ne conosce pregi e difetti, chi l’ha abbandonata controvoglia per cercare fortuna, una vita più semplice ed agiata, in una terra troppo diversa dalla propria. C’è chi la ammira quotidianamente, chi vi ritorna per cercarvi pace e serenità, chi la ama ma se ne tiene a distanza, chi vorrebbe viverla di più ma purtroppo è lontano. Ma coloro che la portano nel cuore per le più svariate ragioni, hanno un elemento imponderabile in comune: la proteggono, contro tutto e tutti. Non è solo questione di appartenenza. E’ un moto che si agita dall’interno, votato a demolire i luoghi comuni, chi denigra e distrugge senza sapere, spesso per invidia o per un senso di spiccata inferiorità.
Dai social, agli stadi fino ai talk show o in qualsiasi luogo dove venga data voce ad un’opinione pubblica non troppo obiettiva, la critica superficiale alla città di Napoli ormai è una costante: si parte dal classico “pizza e mandolino” fino all’emergenza rifiuti, alla criminalità organizzata, a tutto ciò che non funziona, ai modi di fare sopra le righe dei partenopei, arricchendo un elenco spropositato e fatto di elementi che si riscontrano con fin troppa facilità in qualsiasi luogo del globo terrestre. Ma spesso, è lo stesso abitante o natio di Napoli a “denigrare” la sua terra. Ed allora risulta tutto ancor più facile, dando “il la” a chi non aspetta altro. Come fare infatti ad amare dall’esterno una città se proprio i suoi abitanti non lo fanno? In molti se lo chiedono, in molti altri per fortuna, se ne infischiano.
La stessa problematica si trasferisce come una figurina adesiva anche sul Calcio Napoli, squadra con obiettivamente svariati limiti e punti da migliorare ma che, in meno di un decennio, è risorta dalle ceneri di un fallimento che avrebbe potuto segnare la fine definitiva di un club tra i più seguiti d’Europa. La lista delle squadre che non sono riuscite a coronare il sogno di passare dalla C alla Champions in pochissime stagioni è ricca: Siena, Casertana, Salernitana, Perugia, Bologna, Livorno, Pescara, Lecce, Reggina, Messina, Benevento, Ancona, Venezia solo per citarne alcune da anni nel limbo della cadetteria e della Lega Pro (ex serie C1 e C2) non riuscendo mai a conquistare quel salto di categoria e di qualità per tornare nel calcio che conta, nonostante un passato, pure recente, più che blasonato. Non per questo bisogna ancorarsi ai ricordi ma non è neanche giusto distruggere il presente: nell’ultimo anno e mezzo, il solo Benitez ha conquistato un terzo posto in classifica, una Coppa Italia ed una Supercoppa fresca di alzata al cielo, attualmente in corsa ancora in tre competizioni ed al terzo posto in classifica, a sole cinque lunghezze dalla seconda.
Ed eccoci all’ultimo step del ragionamento. Creare e non distruggere, preservare e non denigrare. Napoli ed il Napoli è anche chi lo rappresenta, nel bene e nel male, tra le difficoltà e gli errori, mai commessi in malafede. Tra un passo falso ed un intervento decisivo. Il portiere è colui che si espone di più, l’ultima speranza di salvezza, l’ultima chiamata alle armi. Prima di arrivare davanti al suo giudizio, gli avversari hanno dovuto superare in intelligenza tattica e metri di campo altri 10 giocatori. Ben 10. E poi resta lui, solo contro tutti. A volte è provvidenziale, a volte no. Ma è giusto non avere la memoria corta. C’è chi, il 22 dicembre lo ha osannato, lo ha invocato, lo ha amato senza riserve. Perché lì, a Doha, è stato provvidenziale per la conquista della Supercoppa. E non per evitare la prima rete di un Palermo che, probabilmente, avrebbe comunque vinto e meritatamente. Si vince in undici e si perde in undici è vero, ma a volte una parata miracolosa vale di più di un errore, partito poi da una burrosa difesa e da una palla persa da uno dei migliori giocatori del Napoli attuale.
Memoria quindi, equilibrio, obiettività ed una mano per la coscienza. Metterlo alla berlina sarebbe perderlo definitivamente, benzina sul fuoco su un giocatore fragile perché dall’animo puro, come scarseggiano in questo ostile e superficiale calcio moderno. Non lo merita e non farebbe bene alla squadra di Benitez. Ma anche intelligenza ed appartenenza: come il migliore dei monumenti, come la più bella vista sul golfo, come la più buona pizza o la più fumante sfogliatella, Rafael è, adesso, un patrimonio di Napoli e del Napoli e come tale va preservato. Perché siamo stanchi di distruggere e vorremmo costruire ancora. Così come fatto negli ultimi mesi, nelle ultime settimane e ci ha portato a belle vittorie e stupendi trofei. Dategli un’altra possibilità, dategli la forza di rialzarsi ancora una volta. L’alternativa c’è, anche Benitez lo sa. Ma è giusto che ognuno operi sempre e solo nel bene del Napoli, non per oggi o per domani ma per un futuro che resti ancora memorabile nella storia.
Alessia Bartiromo
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