Voglio trovare un senso. Ma “Un senso non ce l’ha”, cantava Vasco. Nel broncio della follia, nelle pieghe della discontinuità acuta, nell’etimologia di questi concetti è improvvido cercare una risposta sensata. Il Napoli sconcertante sceso in campo ieri sera in bermuda ed infradito non ha giustificazioni plausibili nè spiegazioni razionali. Trasformare una carrozza dorata in una zucca ammuffita in uno schiocco di dita non accade solo nelle favole. La nostra favola, però, ora non deve arrestarsi. Ma al lieto fine dobbiamo crederci tutti. Dalle undici controfigure di Wolfsburg a tutta la piazza, senza esclusioni.
Un maggio ardente. Quello che l’anno scorso vide esaltarsi la truppa di Benitez, con tante prestazioni eccellenti e la conquista della Coppa Italia. I prossimi trenta giorni, forse, servirà ancora di più. La fame di uno zombie sguinzagliato in una città fantasma, la cattiveria di un destriero prima dell’ultimo ostacolo. Eppure solo domenica scorsa, gli azzurri sembravano in piena trance psicofisica, pronti a fare a fettine ogni avversario provasse ad ostacolarli. Ma più delle prestazioni sontuose offerte con Fiorentina e Samp, il briciolo di entusiasmo ho iniziato a covarlo dopo il successo di Cagliari. In una di quelle classiche trasferte tabù, tra l’altro dopo il dispendioso trionfo in Germania, una tranquillità e una fermezza sbalorditiva in terra sarda poteva significare la svolta. Nient’affatto. Ad Empoli si ricasca ancora in quel burrone di presunzione e pressapochismo che ha caratterizzato l’intera stagione. Un po’ come quell’alcolista che sta tentando disperatamente di smettere e gli viene regalata una bottiglia di Jack Daniel’s. Proprio non ce l’ha fatta a vederla in bella mostra sullo scaffale all’ingresso.
Disconnessi. Mai entrati pienamente nel circuito toscano. E quando il carro allegorico sbanda, solo due fattori potrebbero evitare il tracollo: un leader e un’organizzazione. Al Napoli mancano entrambe. Questa squadra ha vari fuoriclasse, ma nessuno con il carisma da trascinatore. Hamsik non è mai stato e non lo sarà mai, malgrado ieri sia da annoverare tra i meno peggio. Ma l’emblema eclatante è Gonzalo Higuain. L’asso nella manica di questa squadra, il calciatore di maggiore esperienza e classe, non può inveire così platealmente contro ogni compagno ad ogni minimo dissenso. La scenata sul gol di Gabbiadini alla Sampdoria si racconta senza didascalia. La rabbia è sempre ben accetta, il nervosismo estremo invece miete solo vittime. E così se il gruppo è abbattuto, nessuno riuscirà mai a dare una sterzata.
L’organizzazione, dal canto suo, è alla base di ogni successo, in qualsiasi campo. Anche i sanpietrini di Piazza Amedeo possono testimoniare la scarsa capacità tecnica di difesa e centrocampo. L’incetta di impegni e responsabilità può causare cali di concentrazione. E se alcuni giocatori perdono lucidità, gli effetti sono apocalittici. Per questo motivo, quando la serata è quanto meno grigio antrace e il talento gioca un po’ a nascondino, converrebbe chiudersi a riccio, imparare a soffrire, e tirare il naso fuori alla distanza quando la tempesta si è attenuata. L’Empoli ha sciorinato una prestazione degna di nota anche a Torino contro la Juventus, mettendo spesso alle corde la capolista. Che, dal canto suo, ammettendo la maggiore freschezza degli avversari, si è rintanata e ha fatto di necessità virtù. Finale 2-0. Le pecche individuali sono clamorose e spesso decisive, ma in virtù di questo sono mesi che occorre adottare soluzioni alternative ed evitare batoste troppo identiche nelle modalità. L’acume tattico e lo studio della fase di contenimento sono purtroppo materie che non appartengono a questa gestione.
Questo pezzo è pieno di chiacchiere, perchè in fondo questo è il nostro lavoro. Ma una penna disfattista non può mai essere impugnata da un animo tifoso. Allora incriminare i colpevoli con il processo in corso è certamente inappropriato. E’ la fase cruciale della stagione e la compattezza può essere un’arma devastante. Troppe le chiacchiere sul futuro di Benitez e della panchina azzurra. Fastidiosa la volontà di idolatrarlo dopo Wolfsburg e crocifiggerlo dopo Empoli, armando di tutto punto la massa ottusa nell’uno o nell’altro versante. Il nostro futuro è ora, si costruisce in cinque gare di campionato e due di coppa. Proviamo ad insegnare noi stessi ad una squadra immatura come vincere gli sbalzi d’umore. La caccia alle streghe, mai come ora, un senso non ce l’ha
Ivan De Vita
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