Tutti, a un certo punto, a qualche minuto dalla fine, avremmo voluto svegliarci dall’incubo, così, all’improvviso, e scoprire che era solo un brutto sogno. Che non stavamo perdendo a Kiev, che quel gol in fuorigioco di due metri era uno scherzo, che eravamo sotto, una settimana dopo, senza riuscire a buttare almeno una volta la palla in rete.
E invece è andata così. Come peggio non poteva. Con il diluvio su Kiev e sul Napoli. Con i tifosi di casa a festeggiare una qualificazione in finale contro ogni pronostico. Non doveva e non poteva andare così.
Quanti non hanno dormito per la rabbia? Quanti sono rimasti delusi davanti al televisore, quasi impotenti. Quanti si sono portati addosso, oggi, il rammarico di un’occasione storica gettata al vento?
Ci sono emozioni che non si cancellano. Come quelle passate ieri sera da un intero popolo attaccato al sogno della finale. “E’ che il calcio ha significato troppo per me” dice il protagonista di “Febbre a 90″. E tutti, come lui, ci sentiamo un po’ delusi, un po’ decadenti, un po’ malandati, oggi, con la rabbia che se n’è andata e ha lasciato spazio solo ad un tremendo senso di malinconia.
Difficile essere ottimisti, proprio ora. Ma tutti, anche in un momento così difficile, sappiamo che l’azzurro resta una scelta di vita, un simbolo di orgoglio, un detonatore di emozioni. Aspetteremo ancora, fin quando il Napoli deciderà di diventare grande. Quel giorno, forse, sarà ancora più bello. Perché le lacrime di stanotte sono indimenticabili.
Raffaele Nappi
Articolo modificato 15 Mag 2015 - 16:51