Qua si rischia una vera e propria crisi d’identità. Nelle due settimane che hanno susseguito in ordine l’addio di Benitez e la fine del campionato, qui a Napoli sta succedendo di tutto. Trattative su trattative, nomi su nomi, idee su idee. L’unica certezza è che si sta lavorando ad una costruzione di una nuova squadra, differente totalmente da quella che è stata in queste ultime due stagioni.
Se prima, fino a 14 giorni fa, il motto del Napoli era quello dell’essere internazionale e “straniera”, ora l’impronta della società è molto più simile a quella di una “provinciale”. Non potrebbe essere altrimenti con l’ingaggio di due uomini, Sarri e Guintoli, che sono destinati ad essere la spina dorsale degli azzurri, provenienti entrambi da ambienti molto piccoli: il primo da Empoli, l’altro addirittura dalla minuscola Carpi, neopromossa in Serie A.
Il Napoli quindi si veste con un nuovo abito, che forse – visti anche i risultati della sua storia – gli si addice di più. Ora sarà interessante vedere (ma dovremo aspettare sino ad agosto) se con l’assetto istituzionale cambierà anche la filosofia del campo tra i partenopei. Quanti tifosi quest’anno hanno chiesto ai giocatori di adottare uno spirito da piccola, da provinciale, da formazione che scende in campo con l’idea di limitare gli avversari e di approfittare degli errori altrui.
Quasi mai con Benitez abbiamo visto questo spirito. Anzi, con lo spagnolo più volte abbiamo notato un Napoli poco combattivo e poco grintoso. Se Sarri e Guintoli dovranno portare qualcosa nello spogliatoio azzurro quella cosa non può non essere le energie che hanno caratterizzato sia l’Empoli che il Carpi. E poi dovranno portare il pensiero che per risalire in alto è oltre ogni modo necessario ripartire dal basso.