Un anno. Trecentosessantacinque giorni che sembrano una vera eternità e che non sono riusciti a colmare il grandissimo vuoto che ha lasciato l’addio di Ciro Esposito. Una giovane vita strappata, interrotta da un balordo poco prima di una partita di calcio. Troppo semplice parlare di fatalità quando alle spalle c’è il gesto premeditato di un deliquente che avrebbe potuto aggravare ancor di più quella che si sarebbe potuta rivelare una vera e propria strage. Si è immolato per difendere quelli come lui, tifosi innocenti, rei quel maledetto 3 maggio 2014 di passare verso le 16 a Tor di Quinto, itinerario per raggiungere lo “Stadio Olimpico” di Roma nella notte di Fiorentina-Napoli. Una Coppa bagnata col sangue, un’agonia durata ben 53 giorni fino al 25 giugno quando ogni speranza è volata via insieme a Ciro.
Impossibile dimenticare. Ciro è vivido nei ricordi di ognuno di noi. Di chi quel pomeriggio è passato a Tor di Quinto un attimo prima, di chi lo ha visto accasciato al suolo, di chi ha amato mamma Antonella come la propria, di chi ha ammirato il suo coraggio, la sua forza, la sua fede, di chi ama il Napoli ed avrebbe potuto essere al suo posto. oggi però, è una giornata ancor più dolorosa per chi Ciro lo ha vissuto e conosciuto bene nei suoi ultimi giorni, diventando quasi come un fratello adottivo, facendone una ragione di vita, speranza, pace. E’ Gino Di Resta, ex presidente del Club Napoli “Roma Azzurra”, rappresentante del tifo partenopeo nella capitale. Per una serie di coincidenze, Gino ha vissuto in primissima persona la degenza di Ciro al “Gemelli”, facendo parte della famiglia, supportando in tutto Antonella, Simona e Gianni, vivendo in prima persona un dramma che ogni giorno riporta alla memoria. Perché la morte di Ciro ha lasciato un vuoto grande, che può essere colmato solo con l’amore di chi lo ricorda, chi chiede giustizia e soprattutto di chi si impegna per far sì che non succeda mai più nulla di simile.
Gino Di Resta ha parlato in esclusiva con SpazioNapoli dei ricordi con Ciro, rivivendo in parte quel lungo e doloroso periodo dal 3 maggio al 25 giugno, fino ad una bellissima telefonata di ieri con Antonella Leardi. “Sarò sempre grato al Napoli perché mi ha fatto conoscere Ciro Esposito. Questo ragazzo mi ha cambiato la vita, i mesi insieme sono stati i più intensi della mia vita. All’epoca dell’accaduto ero il presidente del Club Roma Azzurra e da massimo dirigente, appena ho saputo ciò che era successo a Tor di Quinto, ho deciso di dare un aiuto concreto alla famiglia Esposito. Insieme ad un amico, il proprietario dell’Hotel partenopeo “Bellambriana” a Roma, abbiamo offerto a Gianni, Simona ed Antonella vitto ed alloggi qui, che prima era coperto da alcuni ultras della Lazio, forse come provocazione nei confronti di quelli romanisti. Da allora, mi sono recato ogni giorno al Gemelli per stare accanto alla famiglia Esposito ed a Ciro, creando con loro un legame splendido. Sono stati giorni bui, intensi. Ciro era sottoposto ad un’operazione ogni dieci giorni e grazie ad al suo fisico, non ha mollato. Purtroppo però, dopo 53 giorni sappiamo tutti ciò che è accaduto…”
IL COLLOQUIO CON CIRO. “Ricordo ancora la prima volta che ho parlato con Ciro – prosegue Gino -. Era intubato, stava malissimo, con il proiettile che gli ha sfiorato il polmone. Era debolissimo ma appena mi ha sentito parlare, ha sgranato gli occhi: il mio accento romano lo ha tratto in inganno. Subito la fidanzata Simona gli ha spiegato chi fossi: non solo il presidente del club Napoli, anche tifosissimo dei partenopei con un grande cuore azzurro. Con il passare dei giorni è diventato come un fratello per me: era anche lui un grande appassionato di musica, amava Bob Marley. Gli facevo vedere i video sul telefonino, parlavamo della vita..ed una volta anche del Napoli. Nell’unico momento di lucidità infatti, mi bisbigliò in napoletano una cosa: “Gino, dì a De Laurentiis di fare una squadra forte perché noi vogliamo vincere”.
L’ADDIO. “Dopo 53 giorni di agonia, Ciro non ce l’ha fatta e con lui è morta anche una parte di me. Qualche mese prima avevo perso uno dei miei punti di riferimento, mio padre. Perdere anche Ciro è stato un dramma immenso, ha riportato a galla tutte le mie fragilità, un senso di vuoto senza fine. Ho sentito Antonella ieri: oggi pomeriggio ci sarà una messa di suffragio all’Auditorium di Scampia. Spero che tanti tifosi possano essere presenti ma non solo: Scampia è un posto splendido, ricco di umanità e semplicità, mi hanno sempre accolto benissimo. Ora è tempo di far sentire la nostra vicinanza alla famiglia Esposito. Antonella è fantastica, ha una forza inaudita. Ha sempre predicato pace, perdono, silenzio ed attesa. Io attendo, insieme a Napoli. Spero che la giustizia faccia il suo corso e che Daniele De Santis venga condannato per questo efferato omicidio intenzionale. Se così non dovesse essere, mi incatenerò fuori al Quirinale”.
MENTRE ADESSO… “Mi aspettavo più vicinanza da parte delle Istituzioni. In Ospedale non è mai venuto nessuno: ricordo tanti tifosi del Napoli, il Sindaco di Napoli, tanti giocatori e la società al funerale, qualche personaggio famoso. Ma coloro che dovevano scusarsi mai nulla. Quando Ciro è venuto a mancare ho rassegnato le mie dimissioni da presidente del Club Roma Azzurra. Avevo chiuso con il calcio. Non ne sono più patito, seguo ancora il Napoli ma da lontano, non come una volta. Non ce la faccio proprio, sto troppo male. Oggi ancor di più. Ai tifosi chiedo pazienza, vogli di giustizia ma quella delle Istituzioni. In questo anno ho ricevuto solo una minaccia telefonica qui a Roma, il che vuol dire che il grande lavoro di Antonella ha portato i suoi frutti. Oggi ricorderò Ciro più che mai. La sua forza, quella della famiglia, i nostri discorsi, la sua voglia di vita. Come la sua vita sia stata spezzata da un balordo, che non ha colore ma solo tanta, troppa ed inaudita violenza ed assurdità”.
Ciao Ciro.
Alessia Bartiromo
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Articolo modificato 25 Giu 2015 - 10:00