Slealtà o illecito sportivo. Una vera e propria spada di Damocle pende, affilatissima, sul capo del patron di Lazio e Salernitana – nonché consigliere federale – Claudio Lotito.
Questi i capi d’accusa che potrebbero essere imputate al dirigente nel caso venissero provate, nelle sedi della giustizia sportiva, le accuse ipotizzate dagli inquirenti al lavoro sullo scandalo Catania, l’ennesimo terremoto a scuotere dalle fondamenta il calcio italiano.
Nessun coinvolgimento per la Lazio, nel caso in cui Lotito venisse confermato tra i deus ex machina della scabrosa vicenda lo sarebbe in qualità del proprio ruolo in Federazione.
Sarebbe Lotito, secondo il parere del Gip Sebastiano Di Giacomo l’influente membro del consiglio della FIGC avvicinato dal patron dei rossoazzurri Antonino Pulvirenti per garantire al Catania il salvacondotto dalla retrocessione in Lega Pro.
Il coinvolgimento di Lotito risalirebbe alla gara vinta dal Catania contro l’Avellino per 1-0, contatti risalenti a giorni precedenti e successivi all’incontro. Sfida che, secondo quanto asserito dal vice presidente dei siciliani Cosentino, sarebbe stata condizionata, in un modo o nell’altro, dal patron dei biancocelesti.
Partita, questa, considerata alterata dagli inquirenti ed i contatti tra Lotito e i dirigenti del Catania rappresenterebbero, tra le altre, una prova fondamentale. Vicenda, in cui, non sarà coinvolta esclusivamente la giustizia ordinaria, la giustizia sportiva dovrebbe richiedere, ed ottenere la prossima settimana, dati ed intercettazioni per porre in essere le decisioni del caso. Nel caso in cui coincidano con quelle degli inquirenti le conseguenze per Lotito sarebbero davvero pesanti: una lunghissima squalifica e la parola fine alla scalata in Federazione. A riportarlo è l’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport.
Articolo modificato 28 Giu 2015 - 15:11