Un uomo diverso per una piazza unica: Maurizio Sarri è l’allenatore giusto nel posto giusto

E’ probabile anche gli scettici, un giorno, si convinceranno e chiederanno scusa. Si, perché Maurizio Sarri sembra proprio essere l’uomo giusto nel momento giusto. Napoli è la piazza ideale per un allenatore completamente in controtendenza rispetto all’andamento del calcio moderno. Poche chiacchiere, tanti fatti. Poche dichiarazioni di guerra, quelle si fanno in campo. Concentrazione, fatica, sudore, umiltà: il credo calcistico di quest’uomo che non ha allenato il Real Madrid, né il Liverpool, né il Barcellona ma che viene dalla gavetta, dai campi di periferia, dove la maglia si suda e il risultato si guadagna sul campo, dove non contano  blasone e titoli vinti: i tifosi, i fedelissimi,  ne sanno qualcosa.

Dopo una stupenda stagione alla guida di un Empoli quanto mai operaio, si è guadagnato il diritto di sedere su una panchina pesante, in una piazza esigente come quella di Napoli, la squadra meno italiana del campionato italiano e non per una questione di giocatori, ma per un insieme di storia, tradizione ed identità che fanno di Napoli e di conseguenza del Napoli un “unicum” del calcio nostrano. Giocare nel Napoli significa lottare per una città, per la sua gente, per i bambini, per quei 60.000 cuori che ogni domenica, che ci sia la Juve o l’Arezzo, riempiono un campo che diventa l’ombelico del mondo. Questo Sarri lo sa, come sa tanto altro. Ed ha le carte in regola che lo contraddistinguono dalla maggior parte dei suoi colleghi. La lunga militanza in Serie C, la gavetta e tanto altro rendono Sarri diverso.

Uso sconosciuto dei Social Network, parla il campo. Anche il calcio è diventato “social”. Nell’era della rivoluzione di Facebook e Twitter,  il tratto che forse più contraddistingue Sarri dai suoi colleghi è questo: nessun post su Facebook e nessun cinguettio su Twitter. Parola al campo o, al massimo, a lui con i giornalisti. Senza peli sulla lingua, Sarri non ha mai dimenticato che i rapporti umani, spesso annullati dalla tecnologia moderna, sono fondamentali in tutto e a maggior ragione nello sport: l’insieme delle attività che coinvolge il corpo, il confronto, la competizione.  Tutte cose che i social, per fortuna, non possono né devono riassumere. Se infatti i social entrassero nel suo calcio, verrebbe meno il presupposto fondamentale dell’essere Maurizio Sarri: il rapporto umano continuo, il confronto diretto, il pensare solo ed esclusivamente al campo e ai suoi uomini.

Nessun cinguettio, dicevamo. Le polemiche nascono e muoiono in campo, non gli interessano più di tanto.  Il “re-tweet” non sa nemmeno cosa sia, il “like” su Facebook lo ignora ed in fondo è meglio così. Tuttavia l’ammirazione nei suoi confronti è tanta al punto che su Facebook e su Twitter circolano profili col suo nome, ovviamente non gestiti da lui.

Il mercato lo fa il direttore sportivo, non l’allenatore. Gente che corre, non basta essere un campione.
Siamo abituati ormai a tecnici che, senza troppe riserve, dichiarano assalti più o meno veritieri a calciatori di squadre rivali. Lui no. Quelli che ha per lui sono i migliori in assoluto: a dimostrazione che lamentele e troppe pretese non fanno che creare squilibri e tensioni nell’ambiente, più di ogni altra cosa. Un allenatore in totale sintonia con la sua società è presupposto fondamentale per fare bene. E questo lo insegnano solo a Londra, ma anche a Pisa, o ad Avellino o a Sorrento. Una squadra di gregari e gente dedita al sacrificio è l’ideale per Maurizio Sarri: non servono ingaggi stellari o il nome, per lui: ciò non dimostra che in campo corri e che sudi la maglia. Ed è forse uno dei pochi che al centrocampista da 50 milioni preferisce quello da 10. Perché per vincere non serve nient’altro che correre, sudare, faticare, giocare bene ed anche se si perde, lo si faccia con dignità, senza mai mollare nulla e dimostrando personalità: evidentemente, qualcosa è mancato di questi concetti, in passato.

Una squadra di operai è sempre meglio di una composta da prime donne: anche in questo caso, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non conta vincere o perdere, ma combattere e giocare bene, ogni volta. Il concetto è chiaro. “O ero già pazzo prima di venire qui, o sono impazzito quando sono arrivato qui”, scriveva Goethe dopo aver visitato Napoli. A Sarri l’ardua impresa: far impazzire un popolo interno ed in fondo, ne siamo sicuri, in parte ci sta già riuscendo.

Gennaro Donnarumma
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