Le ali, Sarri e quel Pipita “troppo solo”: il nuovo Napoli non è più Gonzalo-dipendente

Le notti di Sarri sono film già visti: l’ennesima sigaretta appena accesa, mille fogli volanti. E se nei giorni scorsi il tecnico s’interrogava sui lati oscurissimi della fase difensiva, quest’oggi si ritrova a chiedere lumi a se stesso: snaturarsi e seguire il volere della piazza, o perseverare con il Napoli provato e riprovato quest’estate? In fondo, la risposta vien da sé: è che Sarri è cocciuto, e forse, pur di provare d’aver ragione, potrebbe finire per insistere sul trequartista. Con una preghiera speciale indirizzata senza pudore a Gonzalo Higuain: per il tecnico “lontano dal gioco” col nuovo, vecchio modulo.

SARRISCHIO – Tutto sul Pipita: questione di voglia, di fame, di quel riscatto soltanto abbozzato. Ma mai realmente arrivato. E sì, questione pure di “lontananza”. “Perché con le ali siamo sicuramente più coperti, ma restano vari problemi. Higuain, ad esempio, non era coinvolto”, Sarri dixit. E l’ammonimento del post Brugge è stato emblematico. Così come la conferenza: iniziata col sorriso e finita con mille dubbi. Sul trequartista, no: lì non ce ne sono. C’è Insigne: che ha continuità, talento, guizzi. E poi c’è l’attaccante da novantaquattro milioni d’euro: su di lui, qualcosina è lecito puntare. Specialmente con una punta al suo fianco, soprattutto con il Magnifico alle sue spalle. Non che Higuain non sia poliedrico, per carità: però, pur nella felicità del risultato tondo, anche nell’esaltazione per la prima prova realmente convincente, negli spogliatoi del San Paolo aleggiava poco visibile un mezzo sorriso che definire loquace è davvero poco.

SENZA PIPITA – Non ha segnato, Higuain. Non l’ha fatto non perché non ne abbia avuto le possibilità, anzi. Non l’ha fatto per semplice sfortuna, e l’azione del palo parla chiaro. Eppure all’interno della partita c’era una discrepanza evidente tra questo nuovo Napoli e quello spagnoleggiante di Benitez: la superstar, stavolta, non era l’argentino. Che ha scambiato, aperto, provato incursioni. Ma non era al centro dell’azione, non era l’uomo a cui appigliarsi per far male alle difese avversarie. E ci risiamo: non è che i compagni non lo vedessero. È solo che il nuovo Napoli, quello con le ali, quello che così ha fatto bene contro il Brugge, paradossalmente sembrava non aver bisogno del Pipita. Da qui, il poco coinvolgimento. Da qui, il presunto feeling zero con l’attacco “inedito”.

LA COLPA – Sì, ma la colpa – se c’è una colpa – a chi va data? A Gonzalo, in primis: perché un top player, se vuole lasciare il segno, fa in modo di caricarsi la squadra sulle spalle. Anche quando le motivazioni sono al minimo, pure quand’ormai le situazioni sono “compromesse”. E soltanto alla fine si potrebbe imputare il modulo: adatto a questo Napoli come quella scarpetta a Cenerentola. Ecco: Pipita a parte. Ritrovatosi solo, non lasciato. Del resto, è la dura legge del centravanti: aspettare, aspettare, aspettare. E sulla palla meno sporca possibile, attaccare. Da bomber, puro. Magari un qualcosa non propriamente nelle corde di Higuain. Ma è questione di tempo, questione di pratica e d’allenamento. Per ora, sembra profondamente giusto ripartire da chi corre, da chi lotta, da chi suda davvero. Ripartire da chi segna, da chi dà spettacolo, da chi si sente addosso troppa pressione e non può far altro che rispondere. Ripartire da Mertens, da Callejon. E quindi dalle ali: che lasceranno pure Gonzalo “troppo solo”, ma che sanno far male. Senza essere Pipita-dipendenti.

Cristiano Corbo

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