“Per quanto tu possa essere razionale, ci sarà sempre una favola alla quale finirai per credere”. Il calcio è una di queste. Perchè travalica i confini della logica, portandoci spesso a vivere e a essere testimoni di storie belle e talvolta struggenti, non per forza a lieto fine. In questa nuova rubrica di spazionapoli.it ne racconteremo qualcuna, provando a sbirciare dietro le quinte del palcoscenico verde: giacchè non tutto si esaurisce lì. E dietro quel pallone che rotola in un campo, ci sono spesso storie che possono insegnare qualcosa. O che vanno semplicemente tramandate, affinchè non se ne perdano mai le tracce. Buona lettura.
Tony Hibbert è un difensore dell’Everton che non ha avuto una carriera brillante, ma che a suo modo ha scritto una pagina importante della storia del suo club e, perchè no, del calcio in generale. Nato a Liverpool il 20 febbraio 1981, cresce calcisticamente con l’Everton, dove fa tutta la trafila nelle giovanili, fino all’esordio in prima squadra nel 2001. Nasce come centrocampista, ma la tecnica non propriamente sopraffina (giusto per usare un eufemismo) lo porta presto a spostarsi sulla fascia destra, dove diventa un giocatore affidabile, poca apparenza e tanta sostanza. Insomma, uno di quelli che un allenatore vorrebbe sempre avere in rosa: attaccamento alla maglia, predisposizione al sacrificio, tanta corsa e voglia di migliorarsi. Anche se i piedi sono quello che sono. E non è un caso che con i Toffees, fino al 2012, non avesse segnato nemmeno un gol. Era diventata quasi una leggenda, al punto che i tifosi avevano inventato un coro che era più che altro un manifesto: “Hibbo scores, we riot”. “Se Hibbo segna, facciamo un casino”. Arrivò il momento di mantenere la parola.
L’8 agosto 2012 l’Everton scende in campo a Goodison Park per un testimonial match con l’Aek Atene. Al 54′ il risultato è già al sicuro: 3-1 per i padroni di casa. In quel preciso istante l’arbitro fischia un fallo a favore dell’Everton: punizione da una distanza di 25 metri circa. Sul pallone si apposta proprio lui, Hibbert. E il coro parte forte: “Hibbo scores, we riot”.
A questo punto il calcio diventa magia: il tiro di Hibbert è una sassata rasoterra che passa attraverso le gambe della barriera avversaria e finisce nell’angolino alla destra del portiere. E il casino succede davvero, nel senso buono del termine ovviamente: al diavolo la partita (in fondo era un’amichevole), al diavolo le leggi inglesi tanto restrittive, al diavolo gli steward. Tutti in campo: i tifosi si riversano sul prato per abbracciare il loro idolo. Una manifestazione d’affetto così sincera che sorprende tutti, protagonista compreso. La genuinità dei sostenitori inglesi si manifestò così quella sera, circondando in un unico grande abbraccio il loro Tony Hibbert. Che, per inciso, da allora non ha mai più segnato. In fondo, una magia è tale quando accade solo una volta.
Vincenzo Balzano
Twitter: @VinBalzano
Articolo modificato 21 Set 2015 - 13:59