Non ci vuole poi tanto ad accorgersene: a Varsavia l’aria è diversa. Più fredda, certo ma in un certo senso anche più raccolta, meglio stipata. Forse perché attorno alla Pepsi Arena, non può che esserci un’atmosfera frizzante: figurarsi oggi che arriva il Napoli. Col suo carico di buone vibrazioni, di un gioco che finalmente inizia a girare per il verso giusto. E, perché no, anche con una consapevolezza diversa rispetta agli altri appuntamenti europei: se la luna è girata nel verso giusto, questa squadra può giocarsela con tutti.
Il Legia lo sa: dovrà limitare i danni, frenare l’estro di quell’attacco a tratti spaventoso contro la Juventus. E va bene: mancheranno pure Higuain ed Insigne, forse gli uomini più in forma. Ma chi li sostituirà saprà prendere le redini di un reparto offensivo mai così quadrato, mai così cinico. Una vera prova di forza, per Berg.
STORIA DEL CALCIO – E chissà cos’ha in mente, il tecnico norvegese. Che di notti europee se ne intende, e pure parecchio: basti pensare alla Champions League vinta con la maglia del Manchester United nel 1999. Lo stesso anno in cui il Legia tornò nell’allora Coppa Uefa, uscendo però al secondo turno. Non proprio il massimo, non di certo per il club polacco: che in Europa, sempre e comunque, ha saputo stupire. Fino ad arrivare ad un passo dalla gloria: nel ’70 raggiungendo le semifinali di Coppa Campioni, perse malamente contro il Feyenoord poi vincitore; nel ’91 mettendo a soqquadro la difesa degli stessi Red Devils da cui proviene Berg. Era una calda e sentita semifinale di Coppa delle Coppe: il Legia finì per inaugurare, a malincuore, l’ascesa vincente di un certo Alex Ferguson. Da quel momento, più vicino al “Sir”.
IL GIOCO – Qualche attempato supporter lo ricorderà sicuramente: quello fu un doppio scontro duro e pieno di sorprese. E in fondo, sotto sotto, è quanto si augurano venga fuori dal match con gli azzurri. Perché Berg non penserà mica a difendersi: non è nel suo stile, non è ciò che i tifosi vogliono vedere. E allora spazio a quel 4-2-3-1 croce e delizia in campionato, pure a discapito del periodo poco fortunato delle ultime traversate europee. Il tecnico norvegese si lancia nell’impresa, con sfacciataggine e voglia di stupire: a partire da Kucharczyk ed il brasiliano Guillherme: senza Duda, toccherà a loro fornire un sogno a Nikolics.
L’ALLENATORE – E anche a Berg, se è per questo. Che da allenatore non ha ancora trovato una vera e propria identità. Del resto, non è che abbia avuto tanto tempo, o concrete occasioni. Il Legia? Fase di transizione, volta alla scoperta di nuovi modi d’intendere il calcio. E poi un’occasione perfetta per crescere in ambito europeo, esattamente dove l’Henning giocatore ha saputo raccogliere la sua dimensione. Ecco: trovarla con il club polacco sembra un filino più dura rispetto ai tempi in cui comandava la difesa dello United. Ma aver avuto un maestro come Alex Ferguson, in fondo, aiuta. E non poco. Specialmente nell’aspetto motivazionale di questo lavoro…
L’UOMO CHIAVE – Probabilmente non avrà reagito da “Sir”, quando Duda gli ha detto della sua indisponibilità. E sicuramente non avrà fatto i conti con una panchina lunga ed immensamente affidabile come il suo mentore Ferguson. Eppure un modo per far male al Napoli, Berg pare l’abbia trovato: spazio all’estro degli esterni e alla vena da bomber di Nikolics. Quest’ultimo, la possibile spina – dolorosissima – nel fianco della coppia Koulibaly-Chiriches. Che dovranno pazientare, aspettare. E soprattutto non cadere nei tranelli provocatori di un attaccante da dieci gol in dieci partite. Ah, ovviamente in Polonia è paragonato ad un certo Robert Lewandowski, cresciuto e diventato uomo proprio al Legia. Vuoi vedere che è quell’aria frizzante a trasformare gli attaccanti in cecchini infallibili?
Cristiano Corbo
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Articolo modificato 30 Set 2015 - 16:12