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“La trasformazione del Napoli passa per l’intelligenza di Sarri ma per puntare al top non bisogna commettere un errore…”

Una vittoria, tante vittorie. Contro la storia che rappresentava la felice tradizione meneghina; contro il Milan dei miliardi berlusconiani e thailandesi; contro i dubbiosi e i sapientoni che continuano a definire Sarri “una riserva di Mihajlovic”, il serbo umiliato; contro i rafaeliti che non hanno il coraggio di ammettere la trasformazione del
Napoli avvenuta con un paio di ritocchi – Allan e Hysaj – fino a diventare una potente, irresistibile macchina da gol a grappoli con una difesa pronta a respingere gli avversari perché finalmente fiduciosa nei propri mezzi. Non era stato un colpo di fortuna annientare la Lazio nè battere la Juve: solo un percorso difficile affrontato con l’arma del bel gioco offensivo che Sarri ha costruito senza dimenticare – come gli avevo tanto raccomandato, sapendolo dotato di una splendida cultura calcistica – di curare la fase difensiva. Il prode Insigne era già forte ma Sarri ne sta facendo non solo un campione ma un fuoriclasse, il che deduco dalla sua capacità di farsi sempre più generoso con i compagni, virtù riconosciuta del grande Diego. Tutto bene ma attenzione: la Juve sta rientrando. Il Bologna aveva sognato di farsi Udinese, e c’era quasi riuscito con il gol di Mounier. Si sarebbe accontentato di essere un Frosinone, ma inutile: prima un gol di Morata l’ ha fermato poi un classico rigore dei poveri (o dei ricchi, fate voi) l’ha schiacciato finché Khedira l’ha rispedito sul fondo. Questa è la Juve, aspettatevi di tutto.

Le partite del pomeriggio non credo l’abbiano spaventata: il Palermo ha steso tappeti perché la Roma si trovasse a suo agio, non mi stupirei se l’amore fra Iachini e Zamparini fosse finito; la Sampdoria ha letteralmente regalato il pari all‘Inter, quanto mai impacciata anche se Mancini sta dandole un carattere virtuoso, imponendole umiltà là dove i sopravvalutati come Kondogbia fanno più danni delle distrazioni difensive. In prospettiva fa paura la Fiorentina che tuttavia potrebbe nel tempo presentare le debolezze degli outsider, anche se Sousa le ha tirato fuori un’anima generosa e donato una organizzazione di gioco intelligente. Penso che la Juve, scrutando il futuro per ritrovare se stessa e un avversario pregiato, debba guardare soprattutto al miglior Napoli di De Laurentiis, giustamente felice delle sue scelte, non so se oculate, sicuramente fortunate: il Messia Sarri come dicevo ha rivitalizzato la difesa e il centrocampo annientati da Benitez e rifornito di entusiasmo e potenza il miglior bomber del torneo, Higuaìn, che ormai va a nozze con il “Dieguito” Insigne, con Callejon, Mertens e quando serve anche con Gabbiadini.

Non esagero: là dietro, rassicurato dal “libero” Reina, funziona anche Albiol, già oggetto misterioso in perfetta sintonia con Hysaj, Koulibaly e l’onnipresente Ghoulam; e il centrocampo protegge la difesa e insieme sollecita le punte affidandosi ai piedi buoni di Hamsik, alla visione di gioco di Jorginho (miracoloso il suo recupero) e alla classe di Allan, l’acquisto più felice di una campagna tutto sommato modesta dimostratasi tuttavia redditizia: se è vero che Sarri è arrivato con fama di inesperto nei confronti di una piazza difficile e di una squadra ricca solo di attaccanti e nel complesso all’apparenza fallimentare, la realtà che n’è sortita dice che quel gruppo di buoni giocatori aspettava soltanto qualcuno che li mettesse al posto giusto, rispettandone le qualità, identificandone i difetti per correggerli, caricandoli di responsabilità ma anche di voglia di battersi. In Italia come in Europa. I più prudenti dicono che la maturazione degli azzurri è ancora in corso e non si può smentirli, perché siamo alle prime battute del campionato e, paradossalmente, sentirsi troppo soddisfatti potrebbe indurre gli uomini di Sarri a perdere quell’ardore insolito, quella voglia di approfittare della incerta supremazia dell’Inter e della partenza ad handicap della Juve per tentare il colpo tricolore.

Fermo restando quel che dicevo all’inizio: la Signora non molla nonostante la separino dalla Fiorentina 10 punti e 8 dall’Inter: ma con l’odiata Beneamata può tentare di fare un altro passo avanti proprio nel confronto diretto in programma dopo la sosta azzurra. A proposito della quale c’è da dirsi ottimisti, vuoi per la consistenza dell’avversario, l’Azerbaigian distanziato di 12 punti, vuoi per il momento felice di Eder e Pellè, il castiga Mourinho. Antonio
Conte deve fare i conti con rifornimenti non d’alto valore e tuttavia utili al percorso europeo che ormai l’Italia ha fatto con successo: l’assenza di Grandi Firme – e speriamo non perda Insigne per infortunio – e il progresso comunque garantito dal ct dicono che i tecnici italiani, in particolare quelli non afflitti da divismo, sanno lavorare benissimo fino a farsi suoi ottimi collaboratori. Chi dice che il calcio italiano è in crisi? L’Europa già ci guarda con rispetto. Tornerà la paura.

Italo Cucci per Il Roma

Articolo modificato 5 Ott 2015 - 13:56

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