Maradona non è una persona qualsiasi, è un uomo attaccato a un pallone di cuoio. Jorge Valdano ha sempre avuto ragione. Come poter dubitare del Pibe? La questione, vaga, che in questi giorni aleggia per i vicoli di Napoli è semplice: riesuma la vecchia, infinita voglia di rivedere in campo quella maglia numero 10, di nuovo al San Paolo, di nuovo stampata su una maglia azzurra.
Lorenzo è pronto, dicono. Dopo la doppietta a San Siro, dopo gli applausi dello stadio e dei milanisti, dopo aver fatto convertire (forse) un popolo che prima, quando parlava di noi, lo faceva solo in riferimento alla spazzatura. Dopo un inizio di stagione così, Insigne si candida a diventare leader, simbolo, trascinatore di questo Napoli. E da napoletano a prendersi le sue rivincite dopo una stagione di alti e bassi.
Quella maglia, però, non può che fargli male. Per carità. Quel numero non può che schiacciarlo, perché pesa troppo, sarebbe insostenibile. Per chiunque, non solo per lui. S’era cominciato con Lavezzi, s’è passati a Insigne. Ad ogni ondata d’emozione più o meno continua il popolo azzurro s’è scaldato, sognando il ritorno della 10. Ma non è mai andato oltre.
Con il “Magnifico”, forse, è diverso. La sua storia, di vita e di pallone, è tutta speciale. Dai vestiti venduti al mercato agli allenamenti con le giovanili. Passando per i sacrifici di un’intera famiglia. Così come Diego, anche Lorenzo ha un suo passato alle spalle: un passato che lo ha segnato, e da cui ne è uscito alla grande, da vincente. Quel numero, però, ha troppa sacralità per tornare sui campi di gioco. La 10 è un culto, la 10 è un simbolo quasi eterno. L’unico. Per questo fa bene, fa benissimo Lorenzo a volare basso: “Maradona? Non scomodiamolo nemmeno per queste cose”, ha ripetuto emozionato in conferenza stampa con la Nazionale, rispondendo alle domande dei giornalisti incuriositi.
Perché la 10 a Napoli è un culto, una religione. Come disse Luciano De Crescenzo in Così parlò Bellavista: “San Genna’, non ti crucciare, tu lo sai ti voglio bene. Ma na fint’ ‘e Maradona squaglia ‘o sangue rint’e vene!“. Caro Lorenzo, continua così. Quella maglia numero 24 ti sta benissimo sulle spalle.
Raffaele Nappi