Domenica il “San Paolo” ospiterà il match tra Napoli e Fiorentina: azzurri a dodici punti e a caccia di conferme, mentre i viola sono saldamente in testa alla classifica con diciotto punti, e a Napoli vorranno confermare quanto di buono fatto in questo inizio di stagione.
Eppure, mai come questa volta, Napoli-Fiorentina vale di più: non solo perché ci si gioca qualcosa di importante, ma anche e soprattutto per la storia che lega inevitabilmente le due società, nate dalle ceneri di un fallimento e ritornate fortemente in auge negli ultimi anni. Era il 2002 quando moriva la Fiorentina di Cecchi Gori, quella che in pochi anni era passata dalla Champions League alla bancarotta. Partiva, dall’allora Serie C2, la Florentia Viola, con Della Valle presidente. Dall’inferno al paradiso in poco tempo: Serie A e ritorno in Europa, nonostante Calciopoli e i punti di penalizzazione. Da Cavasin a Prandelli, con una semifinale di Coppa Uefa ed un ottavo di Champions perso, non senza polemiche, col Bayern Monaco. Il resto è storia recente: da Montella e Mario Gomez a Paulo Sousa e Kalinic, nuovo idolo dei tifosi.
Nel 2004 invece il Napoli di De Laurentiis ripartiva dalla C1: due anni di inferno, uno di purgatorio e finalmente il ritorno nel grande calcio. Da quel momento la scalata ai vertici del calcio europeo non si è mai fermata: da Reja a Mazzarri, fino a Benitez; da Corrent a Cavani, per finire con Higuain. Qualificazioni alle competizioni continentali e addirittura uno scudetto sfiorato all’ultimo anno di Mazzarri. Tutta questa eredità ora è sulle spalle di Maurizio Sarri, chiamato a portare questa squadra ancora più avanti in quello che, fino ad oggi, è stato un processo di crescita a tratti inarrestabile.
E domenica, queste due squadre, accomunate da un percorso quasi parallelo, si troveranno di fronte: non sarà, probabilmente, una sfida decisiva ma, se non altro, un buon banco di prova per capire chi regge meglio la pressione e, soprattutto, chi è pronto all’ultimo, definitivo salto di qualità.
GENNARO DONNARUMMA
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