In medio stat virtus: il centrocampo artefice della rinascita azzurra

C’è un ragazzo con la cresta e la fascia da capitano al braccio: corre, sgomita e inventa in silenzio. “Lavoro sporco” lo chiamano, e Hamsik lo ha fatto egregiamente, come quando, recuperato un pallone che la Fiorentina poteva trasformare in un contropiede letale, ha spronato il pubblico, caricandolo con le braccia al cielo: è anche questo il compito di un leader. Poi c’è un brasiliano che con l’italiano se la cava, basti pensare che abita nel Belpaese da quando aveva 11 anni. Ne ha dovuti ingoiare di fischi Jorginho, prima di prendersi la meritata rivincita e l’attestato di stima di Sarri: “L’exploit di Jorginho?” – dice il tecnico – “L’unico artefice è lui: io non c’entro”. C’è poi un ragazzo che corre per quattro, a destra e a manca, fin quando i polmoni reggono. Ha la grinta di un mastino napoletano. Si chiama Allan ed è arrivato tra lo scetticismo e la paura di un ridimensionamento a luglio. Si è preso le chiavi del centrocampo e non le ha mollate più.

Eccoli i tre artefici dell’exploit azzurro: sono i tanto bistrattati centrocampisti. Quello stesso reparto che lo scorso anno era etichettato come responsabile di ogni sconfitta. “Colpa del modulo” dicevano i tifosi. Ma anche di una scarsa voglia di correre, combattere, inseguire gli avversari per ogni centimetro del campo. Cosa che oggi, invece, è un mantra: basti guardare Allan, il simbolo del nuovo corso. Pressa fino all’area di rigore avversaria, ma ha i piedi educati di un trequartista: lo dimostrano le tre reti messe a segno sinora. E poi c’è Hamsik, quel capitano che lo scorso anno si era arrivato persino a fischiare. Indietreggiato di 15 metri il problema è svanito: segna, inventa, carica il pubblico e sorride. Un Hamsik così ispirato non lo si vedeva da tempo. “Mi sacrifico di più, è vero” – dice – “ma sono contento. Mi trovo meglio da mezzala”.

Jorginho contro la Fiorentina ha avuto una percentuale di passaggi riusciti dell’85%. Non male, contro una squadra che ha fatto del pressing il suo cavallo di battaglia. Ma siamo sicuri che sia proprio quel Jorginho, lo stesso che lo scorso anno veniva sommerso dai fischi ad ogni tocco di palla? Lo stesso che in estate avrebbe dovuto fare le valigie ed accasarsi al Torino? Si, è proprio lui, rigenerato dalla cura Sarri. Anche se il tecnico non ci crede: “è tutto merito suo” dice. Sarà, ma una condizione psicologica così positivamente forte non si vedeva da tempo.

E’ il centrocampo l’artefice dei successi, quello che non cede nemmeno nei confronti di una Fiorentina tecnica e spagnola nel possesso palla. Quando c’è da lottare e da recuperare il pallone, in fondo, nessuno dei tre si tira mai indietro. E’ questo il segreto del successo.

Vittorio Perrone

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