Diciamocelo chiaramente, senza peli sulla lingua: la virata di De Laurentiis a metà giugno verso Maurizio Sarri non aveva conquistato tutti. In tanti erano perplessi. In quei giorni convulsi sotto gli uffici della Filmauro, a Roma, aleggiava un fortissimo sentimento di incertezza. “È troppo inesperto per una piazza come Napoli”, ribatteva qualcuno. “Sarri chi”, rifletteva qualche altro tifoso.
E invece l’allenatore senza giacca e cravatta venuto da Bagnoli ha conquistato una piazza intera, in poche settimane. I suoi modi di fare sono semplici, le dichiarazioni nette, le aspettative basse: Sarri è uno con i piedi per terra, forse fin troppo. E questo, nelle prime giornate di campionato, forse ha influito.
Poi, dopo aver cambiato uomini e modulo, è scattato qualcosa nel giochino azzurro. Valdifiori in panca, Jorginho in cattedra. Koulibaly ritrovato, Insigne maturato. Sarri non ha fatto altro che mettere i giocatori nel proprio ruolo. È tornato sui suoi passi, ha ammesso l’errore, e così ha costruito una macchina “quasi perfetta”.
Oltre a questo, però, c’è da dare al mister i meriti che gli spettano. Una squadra così cattiva, così raggiante, così corta, non l’avevamo mai vista. Un Higuain così voglioso e sorridente non s’era mai distinto dalle parti del San Paolo. Vedere per credere: il recupero palla sul secondo gol azzurro contro la Viola è tutto dire. Così come la scivolata del capitano Hamsik, con annessa aizzata al pubblico. Roba da brividi, davvero.
Sarri è uno che ha fatto la gavetta, che viene da lontano. Sarri ha calpestato campi di eccellenza e di seconda categoria. Sarri è uno che sa cosa significa allenare in provincia. “Ho scelto come unico mestiere quello che avrei fatto gratis – raccontava in una lunga intervista al Foglio, nel novembre del 2014 -. Ho giocato, alleno da una vita, non sono qui per caso. Mi chiamano ancora l’ex impiegato. Come fosse una colpa aver fatto altro”.
Dal suo ex lavoro in banca Sarri ha preso l’estrema organizzazione in campo e la funzione dei ruoli di gioco. Dalle sue passate esperienze ha capito cosa significa sudare la maglia, per davvero. “Faticoso è alzarsi alle 6 per andare in fabbrica. Qui serve solo armonia di movimenti e di tempi”, racconta. Insomma, è ancora presto per capire se Maurizio Sarri è davvero l’uomo giusto. È il tempo giusto, però, per rendere omaggio all’uomo normale simbolo di una piazza che sogna. Rigorosamente senza giacca e cravatta.
Raffaele Nappi