L’ennesima serata da incorniciare, da tenere lì, ferma a fotografare un momento in cui sicurezza e forma compongono una simbiosi in grado di gettare il gruppo di Maurizio Sarri in orbita, verso qualsiasi obiettivo raggiungibile, certo, partita dopo partita, del resto il tecnico partenopeo è stato sibillino: “Chi parla di scudetto va fuori dallo spogliatoio”. Novanta minuti di dominio pressoché totale, una lezione all’incolpevole Palermo di Beppe Iachini, travolto da un undici che ad oggi ha pochi, pochissimi uguali. Quinta vittoria consecutiva in Serie A, nove vittorie ed un pari nelle ultime dieci sfide, un ruolino di marcia monumentale, dall’epilogo impietoso per gli avversari incrociati.
Clean sheet. Ancora una volta difesa imbattuta, nessun respiro concesso alla coppia Gilardino-Vazquez. Equilibrio e disarmante sicurezza che trova meriti, doverosi, nella esponenziale crescita di Raul Albiol. Gli attimi di terrore al cospetto di Berardi, Floro Flores, Saponara ed Eder distano ormai anni luce dagli orizzonti del centrale ex Valencia. Perfetto nel tenere la linea, sempre puntuale nelle letture dei movimenti avversari, lucido negli anticipi, persino morboso nell’accanirsi fino a metà campo nei confronti dei diretti avversari. Un difensore ritrovato, l’ennesima conquista dell’attuale gestione tecnica, punto di forza essenziale nelle scelte di Sarri.
Metodo e ritmo. Pallino del gioco per novanta minuti completamente a discrezione dei partenopei. Una mediana impermeabile e sempre in grado di costruire, dove splende brillantissima la stella di Jorginho. Quasi meccanico nel disimpegnarsi in egual misura nel vertice basso della zona nevralgica del campo, cleptomane per definizione in fase di non possesso, ruba palla e imposta, chirurgico, senza mai gettare via la giocata. Palla in cassaforte, come nel gergo più classico, direttore d’orchestra sontuoso a bearsi di una sinfonia melodiosa a dir poco.
Potenza e rapidità. Si prende, di forza, con la stessa rabbia esternata al momento del raddoppio, gli onori della cronaca Dries Mertens. Subentra ad un imbronciato – causa sostituzione – Insigne, sprigionando in trenta minuti nerbo, rapidità, imprevidibilità impossibile da contenere per la retroguardia palermitana. Cerca l’assist, al solito, ma è il jolly l’obiettivo più agognato. Cambio di passo, sterzata e destro sul palo ad incrociare, pubblico pronto ad applaudire ma il montante risuona quasi a sfregio. Malasorte che si accanisce per poco, la gioia personale non tarda ad arrivare, questa volta con un destro, al millimetro, sul palo lontano. La palma però non sfugge all’ormai consueto mattatore delle recenti, sublimi uscite partenopee. Gonzalo Higuain è il migliore in campo della sfida di stasera. Il goal racchiude il tutto ma è storia a parte: una saetta di collo interno che il sempre pronto Sorrentino può solo accompagnare in rete con malinconico sguardo, potenza e precisione, da fermo, che si abbracciano nel vantaggio azzurro. Il resto della sua prestazione mette a referto una continuità fatta di strappi improvvisi, scatti brucianti, giocate sopraffine al servizio dei compagni. Un palo gli nega la doppietta, fermando a 10 goal stagionali il suo score urlo. Il miglior Pipita mai ammirato in riva al Golfo, guidato da un animo, uno spirito da lìder maximo forse mai scorto in carriera. E siamo solo all’inizio.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 28 Ott 2015 - 23:45