Se c’è un simbolo dell’entusiasmo che si respira a Napoli, è di certo Pepe Reina, 33 anni e una carriera da top alle spalle. L’ultima tappa a Monaco di Baviera, dove ha vinto senza però mettere quasi mai piede in campo. Al cuore non si comanda, così Pepe ha rinunciato a un’altra stagione da “vincente in pantofole” e ha scelto di rimettersi in gioco, al servizio di un allenatore venuto dalla provincia e di una squadra da rifondare dopo le macerie dell’ultima stagione. Tutto, pur di ritornare nella sua amata Napoli, la città che gli aveva regalato tantissimo dal punto di vista umano.
La ricompensa è arrivata sul campo. Pepe “lavora pochissimo”, come dichiarato da lui stesso, ma è una figura importantissima per lo spogliatoio, il collante tra gli italiani e gli stranieri, il “padre di famiglia” che lo scorso anno mancava. D’altronde è stato Raul Albiol, al termine di Hellas-Napoli, a sostenere l’importanza di Reina: “E’ importantissimo per tutta la squadra, conosciamo le sue qualità. Pepe ha fatto tanto durante la sua carriera e lo sappiamo tutti”.
Reina lavora poco, è vero, ma quando viene chiamato in causa è sempre prontissimo: l’ha dimostrato contro l’Udinese, quando ha sventato un colpo di testa avversario salvando il risultato. Sempre lucido, dinamico nelle uscite e diretto nel catechizzare i suoi allievi, i difensori. Lavora poco, ma proprio sul campo è arrivata la soddisfazione migliore, un’imbattibilità che dura da 467 minuti. Merito suo ma anche dei suoi difensori. E pensare che la stagione si era messa in salita, con 5 goal subiti nelle prime tre partite. Tutto dimenticato, da Reina così come dai suoi difensori.
Adesso per Pepe l’obiettivo è chiaro: vincere qualcosa con il Napoli restando a lungo all’ombra del Vesuvio. Nel frattempo, però, il compito è quello di pensare partita per partita, cercando di allungare l’imbattibilità. Perché in fondo gli scudetti li vince chi ha la miglior difesa. E il miglior portiere.
Vittorio Perrone
Articolo modificato 23 Nov 2015 - 11:14