Ecco, mister: ha spazio per un’altra grana? No, niente di preoccupante: semmai il contrario. Questa è una di quelle belle, da vivere, per cui gioire. Diciamo che c’è un Dries Mertens in rampa di lancio, un José Callejòn sempre più concreto (anche in zona gol) e un Lorenzo Insigne ancora una volta leader. Ecco, mister: Lei sa già dove si vuole andare a parare. E tranquillo: la sigaretta, gliela offriamo noi.
Del resto, come si fa a decidere? È come dire a chi vuoi più bene: o a mamma o a papà. Eppure, se glielo chiedessero stasera, Maurizio Sarri non avrebbe dubbi: c’è Mertens in testa. Sopra a tutti. Anche al lavoro sporco del sette, al talento del ventiquattro. C’è il belga perché ha saputo conciliare meglio di tutti un meccanismo che di sarriano ha testa e coda: lo spirito combattivo. Quello fatto di sguardi concentrati, di dure rincorse e di break decisi in mezzo al campo. Solo che Dries ci mette il talento, pazzesco. Solo che Dries, una volta fiondatosi davanti, poi riesce anche a fare la differenza. Chiamateli dettagli…
CHE PARTITA! – Due gol – e che gol – ed un assist. Già questo basterebbe a descrivere la gara del folletto senza aver bisogno di altre, superflue, misere parole. Ma come spesso accade nel calcio, sono le sfumature a fare la differenza. E pazienza se le statistiche non le rilevano – a proposito: sette su dieci i dribbling riusciti, ben l’80% di passaggi riusciti -, ci sono gli occhi del giocatore a spiegare tutto. Così come il suo sorriso: il più luminoso, a fine partita. Perché frutto di adrenalina e di sana presunzione. Come a dire: stavolta ci sono anch’io, e ci so stare. Mai messo in dubbio. E non l’ha fatto neanche Sarri: che sul quattordici azzurro ha puntato sin dalla prima partita. E che a maggior ragione lo farà da ora in poi.
LA RISALITA – Il feeling c’è. Con la piazza, con il gruppo, con il tecnico. E in campo è tutto pienamente visibile: partendo dagli scambi stretti con Insigne e poi Callejon, fino al monte di responsabilità di cui si fa felicemente carico. È pure uno di quelli generosi, Dries. Pare non conosca il verbo ‘risparmiarsi‘, o almeno sembra non l’abbia mai praticato. Ha lottato quando c’era da lottare, stretto i denti quando occorreva farlo. Ha abbassato ed alzato la testa a seconda della posizione della propria luna. E recuperato per l’ennesima volta dall’ennesimo fastidio. Quello stiramento al bicipite femorale l’ha tenuto lontano da un mondo pronto a correre anche senza di lui, ma mai completamente demertensianizzato. È che è sempre stato palese: col belga, la marcia è un’altra. E l’andatura più scorrevole, ed il tutto più veloce, più potente.
E ORA? – E ora anche Dries Mertens avrà la prima fila sulle bancarelle di San Gregorio Armeno. Magari non venderà quanto il Pipita, ma un po’ di numeri li sa fare. Sì, sia in campo, sia fuori. Cinque, le reti in Europa League: ma in tre partite. Una ogni quarantasette minuti, praticamente una carezza per ogni tempo di gioco. Ah, saltando le altre tre per infortunio. E senza contare le sfumature, appunto: e cioè i dribbling, i chilometri, quella serpentina in area che avrebbe fatto venir giù anche questo San Paolo vuoto. In modo pressoché obbligatorio, si ritorna al punto di partenza. E sì, mister: siamo andati a parare proprio dove credeva andassimo. Perché occorre trovare una giusta e legittima dimensione a quel talentuosissimo folletto che ha il nome di Dries Mertens.
Cristiano Corbo
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Articolo modificato 11 Dic 2015 - 13:09