Spazio al contenimento, pochi fronzoli, difesa ad oltranza. Lo spartito sciorinato al San Paolo dalla Roma di Rudi Garcia, ha stravolto i piani di chi, dal Derby del Sole si attendeva novanta minuti al cardiopalma. Ci ha provato, il Napoli, costruendo un discreto bottino di importanti occasioni da rete, senza però trovare il bandolo della matassa, senza scalfire il muro che l’undici giallorosso ha imposto dal primo di gioco. Un pari a reti bianche che sta stretto al gruppo di Maurizio Sarri, che va analizzato, scorgendo le occasioni create, la difesa solida, ma anche la lucidità che sembra cominciare a latitare, quella rapidità di mente ed esecuzione che aveva reso il gruppo partenopeo una macchina quasi perfetta. Necessario, giocoforza, trovare le adeguate contromisure, per non pregiudicare un cammino che resta da dieci e lode.
Ha lottato, con caparbietà e impegno, senza rinunciare a sospiri di qualità, Allan Marques Loureiro. Un duello serrato a metà campo contro un giocatore che del dinamismo e dell’aggressività fa un biglietto da visita da anni certificato come Radja Nainggolan. Mai a testa bassa, tanta corsa, innumerevoli i palloni recuperati, giostrando con ordine, senza eccedere e lasciare il fianco alle ripartenze avversarie. L’equilibrio in prima istanza, poi, certo, impossibile non lasciarsi trascinare dalla vena carioca che difficilmente può essere tenuta del tutto nascosta. Ecco il tracciante ad imbeccare la progressione di Hamsik nella ripresa, un filtrante preciso, con i tempi giusti, del quale il capitano azzurro però non ha giovato a pieno, mantenendo, strozzato in gola, l’urlo liberatorio con una conclusione parata bene da Szczesny. Lo slovacco fa da vero contraltare nella zona nevralgica del campo, ci prova, è il vero regista offensivo fin dalla prima frazione di gara, ma manca sempre nell’ultimo passo, quello decisivo, sia in impostazione che – soprattutto – nelle due occasioni più ghiotte della gara nei secondi 45′ di gioco. Un pizzico di sfortuna e imprecisione, figlie di una freschezza che forse comincia a latitare nelle gambe di molti pretoriani del tecnico partenopeo, lo stesso Allan ha chiuso in preda ai crampi.
Davvero risibile la gloria nella trequarti giallorossa, l’encomio della serata premia, eccome, una retroguardia azzurra tornata solida, impermeabile al tridente romanista dal primo al novantesimo, senza soluzione di continuità. Un rullo, Elseid Hysaj, sulla sua strada incontra il ritrovato Mohamed Salah, accompagnato su un binario diretto alla più totale desolazione. Sempre primo su ogni pallone, puntuale in ripiegamento e celere nel proporsi in avanti. Quando all’egiziano si alterna Digne, cambiano gli addendi, non il risultato. Sull’out destro partenopeo non c’è spazio per le maglie avversarie, con l’ex Empoli a troneggiare. Ci sono tutti i crismi per il migliore della gara, certo, se non fosse che al centro della linea a quattro di Sarri sono emerse, fragorose, tutte le immense qualità di Kalidou Koulibaly, il migliore in campo della sfida di stasera. Murati, gli attaccanti di Garcia, con le buone e con le cattive, Dzeko nel primo tempo ne fa le spese, con il bosniaco per primo ad ammainare un vessillo che mai, realmente, potrà essere issato nella serata del San Paolo. Diligente, preciso, fulmineo nei ripiegamenti e puntuale negli anticipi, l’esuberanza fisica è una peculiarità acclarata da tempo, se riesce ad abbinare giocate sontuose, in sequenza, tra disimpegno ed impostazione lo spettacolo diviene davvero abbagliante. A oltre un anno di distanza da quel 2 novembre dell’anno scorso, dove proprio a Fuorigrotta contro la Roma espresse il meglio del suo repertorio, la crescita esponenziale di Koulibaly diviene ormai una certezza. “Se gli si affinano un po’ i piedi può diventare fenomenale”. Parola del mister.
Edoardo Brancaccio
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