Mai ridimensionamento più gradevole, una divagazione sul tema della provincializzazione che ha stupito, persino i meno scettici, per qualità del lavoro profuso in campo e negli spogliatoi nella testa degli interpreti. Il Napoli di Maurizio Sarri si appresta a chiudere il suo 2015, ultima uscita nella storicamente ostica Bergamo contro l’ottima Atalanta corroborata dalla gestione Reja, con un carico di certezze notevoli, mutuate in un percorso tortuoso nelle primissime battute ma ricco di soddisfazioni. Record macinati in Europa League, un girone chiuso in surplace, a punteggio pieno, con record di goal segnati – ventidue – e solo tre reti al passivo. La vetta in Serie A raggiunta dopo venticinque anni per una settimana, ed un secondo posto – sebbene a parimerito con la Fiorentina e con la rediviva Juventus ad un tiro di schioppo – meritato per ritmo e bel calcio sciorinato nell’arco di questi primi mesi di gestione tecnica.
La forza. Studio applicato al giuoco, questo il mantra del tecnico partenopeo di nascita e originario di Figline Valdarno, con risultati eloquenti e sotto gli occhi di tutti: una difesa ermetica, diretta dalle retrovie dal totem Pepe Reina. La crescita di Ghoulam e Hysaj, il ritorno di Albiol, la progressiva esplosione di un Kalidou Koulibaly che passo dopo passo sta calcando le orme di un destino profetizzato da Sarri fin dai primissimi approcci. Le gemoetrie di una mediana tutta fosforo, sapienza tattica e qualità, un trittico quello composto da Allan, Jorginho e Hamsik in grado di imporre, con costanza, il proprio ritmo, regalando gare d’incanto. In avanti, storia a parte, l’equilibrio tattico garantito da Josè Callejon – al quale di converso sta mancando, non poco, la consueta e indispensabile vena sotto rete mostrata nelle ultime due stagioni – e lo spettacolo, d’autore, garantito dal duo Higuain-Insigne, interpreti di una prima fase stagionale in grado di sparigliare qualsiasi ricordo nella carriera di entrambi.
Il gruppo. Un undici inossidabile, vademecum del tecnico dal primo pokerissimo stagionale al Club Brugge, consolidato nel bis alla Lazio di lì a pochi giorni, al quale aggiungere giocatori come Dries Mertens, Manolo Gabbiadini e Vlad Chiriches, a tutti gli effetti dei titolari, una garanzia per ogni occasione. Uno dei colpi estivi, Mirko Valdifiori, superato l’empasse dell’esordio comincia a mostrare segni di crescita, in attesa dell’occasione più propizia. Un jolly da continuare a scrutare a disposizione, Omar El Kaddouri, gli affidabili Maggio e Strinic sugli esterni, ad oggi difficilmente però presi in considerazione come alternative – reali – ai titolari in campionato. Medesimo discorso per David Lopez. La turnazione, argomento non sempre nelle corde del tecnico azzurro, che comincia ad affacciarsi come necessità nelle ultime uscite. Bologna prima e il Derby del Sole a Fuorigrotta hanno attestato quanto, all’arrivo di fine anno, molti degli intoccabili del tecnico comincino a destare qualche crepa in una condizione che non può, umanamente, mantenersi con fermezza per l’arco di un’intera e a tratti dilaniante stagione.
Febbraio thriller. Piccoli scricchiolii alle porte del nuovo anno, un punto in due gare in campionato dopo una marcia repentina e inarrestabile verso la vetta. Nessun clima da tregenda, ovvio, ma da non sottovalutare. In vista di un inverno probante, che culminerà in un mese di febbraio che pare assumere tutti i crismi del bivio, del crocevia capace di raccontare i capitoli, decisivi, di una stagione che ad oggi ha tutto per essere davvero importante. Cinque sfide decisive, toccando il cuore pulsante del campionato e riaffacciandosi in Europa. Prima la Juventus allo Stadium il 14, a seguire il Milan a domicilio il 21 per poi chiudere il mese il 28 al Franchi contro la sinuosa Fiorentina di Paulo Sousa. Nel mezzo, a intersecarsi in questo tris di gare esaltanti, la doppia sfida contro il Villarreal, avversario designato nei sedicesimi di Europa League dall’urna di Nyon, andata il 18 al Madrigal, ritorno al San Paolo il giovedì successivo.
Ossigeno dal mercato. Un percorso logorante, su tre competizioni, in cui una così netta distinzione tra prime e seconde linee non sarà più accettabile. Doveroso dirigere idee ed investimenti nella sessione invernale di mercato. A gennaio spesso i sussulti non sono mancati: Ghoulam e Jorginho nel 2013, Gabbiadini l’anno scorso. Negli anni, però, la gestione del patron Aurelio De Laurentiis proprio nel mercato di riparazione ha mancato la sterzata decisiva. Urge un innesto, di valore, a rimpolpare la mediana, dove le parole del tecnico hanno attestato quanto Nathaniel Chalobah non sia parte integrante del progetto. Un centrale difensivo e perché no, un alter ego a tutti gli effetti di Josè Callejon, garantendo a El Kaddouri una collocazione tattica, a metà campo, più incline alle sue corde. Tre innesti per spiccare il volo, attestare l’intera rosa su un livello in grado di mantenere dritta la barra fino al termine della stagione. Il patron azzurro glissa, criptico come il suo solito. Dalle parole a Repubblica poco dopo il successo sull’Inter: “Studio il mercato? No, lo fa, e preoccupa, solamente chi ha le idee confuse. Noi le abbiamo chiare. Acquistare calciatori nuovi da inserire in questa squadra pronta e rodata significherebbe forse ritrovare le difficoltà di fine estate. Questi gossip solitamente provengono dagli organi di informazione o dai tifosi, che non vivono il nostro spogliatoio. Noi vogliamo viaggiare spediti”. Alle dichiarazioni in occasione della presentazione del consueto film natalizio: ““Se tutti i tifosi andassero al cinema a vedere il film di Natale regalerei al Napoli un nuovo giocatore a gennaio? Sicuramente gli comprerei un giocatore in più di quello che avevo in animo di comprare”, il passo e breve. Osare si può, si deve.
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Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 15 Dic 2015 - 14:59