Verrà giorno che una dedica adeguata alle gesta del Pipita, alta, preziosa, solenne, la chiederemo a un Poeta capace di catturarne lo spirito guerriero e la mansuetudine di ragazzo umile e generoso. Il cronista, per ora, lo elegge semplicemente Re del Campionato. Ieri, decisiva l’influenza natalizia – vale dire cuori e fiori rossi, baci e
abbracci – una bella giornata di campionato non disturbata da orari demenziali s’apre con un interrogativo deamicisiano: fu più amoroso l’abbraccio di Florenzi a Garcia o quello di Higuaìn a Sarri? Ebbè, son due storie molto diverse tanto diversi sono i protagonisti coinvolti nell’avventura di due squadre importanti, Napoli e Roma, entrambe sorrette (o minacciate) da un pronostico fatale: esser degne di scudetto. Il Napoli ha ancora tutte le carte in regola: bella squadra, bel gioco, clima sereno, solidarietà diffusa, popolo innamorato e Higuaìn il Terribile, sedici gol in diciassette partite; la Roma trova un sorriso fra sequenze drammatiche, tifosi in rivolta, media feroci, fantasmi aleggianti fin sul campo, minacce di panettone proibito per l’ex beniamino Garcia, ridicolaggini mourignane, e finalmente un Florenzi che segna e gioisce e corre verso la panchina come se Rudi fosse sua nonna; e invece è soltanto il tecnico che ha creduto in lui dopo Mastro Zeman (non cito l’abbraccio collettivo a Garcia perché mi è parso poco sincero).
Natale garantito per tutti? Sarebbe bello poter dimostrare che un umile gregario vale più di Totti, detto da tempo anche Mister Blackout. Deciderà James Pallotta l’Amerikano, ormai impopolare come il suo tecnico e tuttavia invocato come castiga- Rudy: penso che darà al francese ancora una possibilità, onde evitare spargimento…di dollari. Così mi sento di garantire che il mitico gigantesco panettone berlusconiano raggiungerà anche Mihajlovic, nel rispetto della sua numerosa figliolanza e dell’improba fatica che Sinisa sta facendo con una squadra costosissima quanto scombinata alla quale non danno tregua neppure gli arbitri: la vittoria sul Frosinone, d’abitudine forte in casa, non va sottovalutata. È tornato al sorriso anche Montella, contagiato dal saltimbanco Ferrero. Farà festa anche Ballardini, immagino: Zamparini a volte sa essere fantozzianamente umanissimo.
E adesso vediamo di collocare questo scoppiettante Napoli (31 gol) nella zona scudetto, non più presidiata saldamente dall’Inter e ora minacciata dalla Juventus. È certo facile cedere alla lusinga di un tricolore conteso fra le signore del Derby d’Italia ma non solo gli azzurri di Sarri, anche i fascinosi pupilli di Sousa e gli “sbandati” di Garcia hanno ancora intatte le chanches di successo. Punto sul Napoli perché si esprime già da primo della classe e tuttavia è avvantaggiato dall’avere un tecnico/maestro che sta ancora studiando per migliorarsi e arrivare al top: ieri, a Bergamo, su un campo difficile, davanti a un amico/nemico “pericoloso” come Reja che l’ha fermato per cinquanta minuti, il Napoli ha finalmente imparato a utilizzare i calci piazzati, prima conquistando un rigore che Hamsik ha realizzato (il secondo è parso un…regalo di Natale a babbo Edy) eppoi, finalmente, quel gol di testa che mancava dall’inizio del campionato e che Higuaìn aveva già cercato quando, con conseguente penalty, De Roon aveva intercettato il pallone con le mani al 52’; dunque, dieci minuti dopo, al 62’, ecco il preziosissimo gol di testa del Pipita su corner di Jorginho. Un passo verso la perfezione, immagino anche la fine di certi dibattiti ispirati dal (povero e inutile) mercato di gennaio, fonte di bufale e di sprechi.
Qui arrivato mi permetto di far notare che un richiamo serio ai dirigenti pre-crisi è quanto mai importante. In B, e anche in Lega Pro, ci sono decine di giovani brillanti pedatori pronti a scattare in A, la lettura delle loro avventure è edificante, racconta di lavoro, lavoro, lavoro. Sarebbe importante se il prossimo anno portasse un ridimensionamento dell’impiego di stranieri. I nostri ragazzi costano di meno, rendono di più. Se poi certi stranieri hanno “quarti italiani”, bontà loro, li aspettiamo a braccia aperte.
FONTE Italo Cucci per Il Roma