PAGELLONE 2015 – Gli attaccanti: numeri pirotecnici per un reparto d’assalto. Il Pipita come l’Araba Fenice

Un 2015 che muove gli ultimi passi, accompagnato da un carico di giudizi per un anno tinto di azzurro dai due volti. Travagliato ma avvincente, pregno di speranze e delusioni. La rivoluzione spagnola che chiude i battenti forte di una delusione, cocente, per gli obiettivi svaniti in sequenza sul filo di lana. Ad avvicendarsi ecco il nuovo corso venuto da Empoli, capace di soppiantare i dubbi iniziali con la forza del lavoro, dell’idea e delle motivazioni. Il risultato è tutto in un percorso importante, con scorci suggestivi ancora tutti da raggiungere. Mesi tortuosi ed entusiasmanti allo stesso tempo, arricchiti da un finale aperto, stuzzicante, verso un 2016 dai mille spunti e ricolmo di pagine tutte da scrivere. E’ tempo, dunque, di tirare le somme; valutare, con dovizia, l’anno che si accinge alla conclusione per tutti i protagonisti azzurri con il pagellone di SpazioNapoli.

Attaccanti

Higuain 8: Il dieci con lode sfugge per il finale, amarissimo, della passata stagione. Lo spauracchio Boyko in Europa League, con l’estremo difensore della Dnipro a rispondere picche, imperscrutabile, ad ogni tentativo del delantero argentino. Varsavia sfumata tra i suoi piedi, così come l’accesso ai preliminari di Champions con quel tremendo rigore vissuto come una dolorosa  sliding door. Un timore lungo undici metri, uno spettro più volte riproposto in un’annata agrodolce, capace di ridimensionare, agli occhi di tutti, tifosi ed addetti ai lavori, una seconda parte di stagione comunque di ottima fattura: ben 17 marcature nelle tre competizioni da raccontare nell’ultima parentesi di Benitez alle pendici del Vesuvio. Un’estate ricolma di dubbi, nel pieno di una vera e propria rivoluzione in casa Napoli. Poi l’incontro cruciale a Dimaro, un istante dal quale quale tracciare un punto e disegnare nuove entusiasmanti vette nella carriera del ventottenne albiceleste ma nativo di Brest. Sarri e il Pipita, un feeling immediato, simbiotico, germoglio di una metamorfosi. Le scorie di alcuni mesi difficili – nel mezzo l’amara finale di Santiago in Copa America – alle spalle, ritrovando il sorriso, l’entusiasmo, la voglia di superare i propri limitii. Nel cassetto i musi lunghi, l’isteria, l’incostanza che negli anni gli ha impedito di valorizzare, al meglio il suo immenso potenziale. Il risultato va oltre la più rosea immaginazione, dritto al punto delle valutazioni del tecnico azzurro: “Ha tutto per essere il numero uno al mondo”. Ed ecco un Higuain smagliante, ristorato nel fisico e nello spirito, un fuoriclasse assoluto, per distacco il miglior giocatore della Serie A. Un campione che fa invidia – e gola – ad uno stuolo, folto, di top club europei. Un cecchino implacabile che riesce a vestirsi da dieci, finalizzatore ed ispiratore con la medesima, superlativa, resa sul campo. Pungolato dal tecnico nel modo giusto, spazio alla grinta di marca tutta sudamericana troppo spesso sopita. Il risultato è strabiliante: diciotto reti e tre assist in ventuno presenze. Reti d’autore a stendere, in serie, tutte le dirette contendenti. Un solco ben definito con i più prossimi concorrenti in una classifica cannonieri costretta ad una spietata, ma dolcissima, dittatura. Secondo solo a Aubemayang tra i marcatori dei maggiori campionati europei. Guida dell’intero gruppo – ora anche nei momenti più difficili – e bomber principe, talento e carattere al servizio dei compagni. Il Pipita che risorge dalle ceneri più forte di prima, come l’Araba Fenice, puntando sempre più in alto.

Insigne 7,5: Il ragazzo è cresciuto, gli screzi con i tifosi ormai un pallido ricordo. Un 2015 come banco di prova per la definitiva maturazione, un esame superato a pieni voti. L’infortunio al crociato del Franchi a novembre affrontato con carattere e caparbietà nei primi mesi dell’anno. Il ritorno a pieno regime, il campo ritrovato in aprile contro la Roma, il goal e le lacrime contro la Sampdoria. Benitez ai saluti, e con lui il ruolo da esterno a tutto campo, occupato con impegno, applicazione, voglia di migliorarsi, certo, ma limitante e debilitante negli ultimi venti metri. Appunti nel percorso per diventare un calciatore completo, ma il suo mestiere resta un altro. Con Sarri il rapporto è spontaneo al primo impatto. Da trequartista, prima, o da esterno mancino d’attacco, poi – ritrovando il ruolo dove tutto cominciò alla corte di Zeman – il numero 24 azzurro è un punto fermo nello scacchiere dell’ex tecnico dell’Empoli. Lo ripaga con il miglior rendimento in carriera in serie A, numeri d’antologia in duetti imperdibili con Gonzalo Higuain e sfide già nel più prezioso archivio dei ricordi, su tutte la sublime prestazione di San Siro contro il Milan; la realtà che brilla anche nei freddi numeri: sette goal in campionato, a cui aggiungere una rete in Europa League e sei assist distribuiti nelle due competizioni.

Mertens 7: L’arma letale a partita in corso, il giocatore in grado di spaccare la partita grazie ad un ritmo raramente semplice da contenere per le squadre avversarie, che diviene – giocoforza – titolare impriscindibile, causa l’infortunio di Insigne. L’ultimo scorcio della Rafa Revolution vede il folletto belga chiudere con un bottino di sette goal e nove assist, lasciando sempre la sensazione di un talento ancora del tutto da esplorare. Il lavoro richiesto da Benitez a tratti limitante che lascia spazio alla visione di Sarri: più avanzato ed in grado di esplodere il suo talento con continuità negli ultimi venti metri. Le prestazioni a suon di goal e giocate da cineteca di Insigne non aiutano, lo spazio è risicato e non mancano i momenti di sana rabbia competitiva, sfogata sul campo dopo il gioiello al Palermo. Il classe ’87 di Leuven risponde, comunque, sempre presente, con un ruolino da sette reti e tre assist in diciassette presenze. Pronto a migliorarsi e spiccare il volo in un 2016 che lo vedrà, anche, protagonista con il suo Belgio agli Europei in Francia.

Callejon 7: Polmoni e sapienza tattica al servizio di un attacco atomico. L’apporto di Calleti alla causa azzurra non si è mai limitato al, comunque mai mancato, sostegno in fase realizzativa. Tempi di gioco da tornante vecchio stampo, rara capacità di ripiegare e ripartire, Benitez non ne ha mai potuto fare a meno, così come Sarri. Con il suo mentore iberico chiuderà la stagione con quattro reti e tre assist, macerandosi nel rimorso dei traguardi sfumati. Cambio alla guida e tanti dubbi su una permanenza resa granitica dal rapporto, subito schietto, con Maurizio Sarri. Un’estate da seconda punta per poi ritornare al suo posto sulla destra, architrave dei disegni tattici del tecnico tosco-partenopeo. Attaccante, centrocampista, all’occorrenza terzino, l’equilibrio tra i reparti passa, in buonissima parte, dalle giocate del numero 7 di Motril. Il rendimento sotto rete un caso: capocannoniere in Europa League con Dries Mertes – cinque reti – in goal anche in Coppa Italia, in campionato non è ancora, suo malgrado, riuscito a esultare. Le reti arriveranno, il suo immenso lavoro – tra diagonali e chiusure preventive – al servizio della squadra, non ha mai instillato il benché minimo dubbio.

Gabbiadini 7,5: Il goal come way of life, tra freddezza in area di rigore ed un mancino sinuoso e potente, dalla precisione millimetrica. Tra i colpi più importanti di Bigon in azzurro, l’unica colpa del numero 23 partenopeo, oggi, è quella di avere davanti a sé un fuoriclasse purissimo. Arrivato in azzurro a gennaio, il goal arriva alla prima da titolare contro il Chievo il mese successivo, innestando una marcia difficile da arginare per i malcapitati difensori avversari. Con Benitez lo spazio è più ampio, spesso utilizzato da seconda punta più che trequartista atipico nel 4-2-3-1 del tecnico spagnolo ed arrivano, subitanee, dieci reti come biglietto da visita alle pendici del Vesuvio. Lo spazio con Sarri, come già accennato, è più limitato causa ragioni tattiche, ma l’apporto dell’attaccante bergamasco non è mai mancato fino all’infortunio con la Nazionale in un novembre nero da questo punto di vista: cinque realizzazioni in appena 480′ minuti a disposizione. Ormai recuperato, l’attesa per il suo 2016 è vibrante, da esterno destro d’attacco – esperimento che ribolle nel pentolone del tecnico tosco-partenopeo –  o prima punta, non fa differenza. L’attaccante bergamasco freme per giocarsi al meglio le proprie carte in azzurro con una sbirciata, mai negata, ad Euro 2016.

El Kaddouri 6,5: Non sarà il nuovo Zidane, come nelle profezie spesso inesatte dell’ex patron bresciano Corioni, ma il classe ’91 di Bruxelles naturalizzato marocchino è riuscito, dopo i due anni di prestito alla corte di Giampiero Ventura in maglia granata, a conquistarsi con pieno merito il proprio spazio in azzurro. Caratteristiche frizzanti, spunto nel breve fuori dall’ordinario ed un’ottima tecnica individuale abbinata alla rapidità d’esecuzione. Numeri e qualità che fin da Dimaro hanno colpito Sarri, deciso a puntare sul talento della scuderia Raiola. Mesi d’apprendistato, spostando il proprio margine d’azione da mezzala libera di affondare negli spazi – ma a Torino coperto da una linea a cinque in mediana – a esterno d’attacco. Vice Callejon a tutti gli effetti, sta a poco a poco facendo propri i dettami del tecnico, sempre presente in Europa – primo goal in azzurro contro i danesi del Mytdjylland – ha timbrato il cartellino anche all’esordio in Coppa Italia, tutto corredato da un proficuo bottino di ben sei assist.

Zapata 6,5: Poco da appuntare al centravanti colombiano negli ultimi mesi della prima parentesi – in attesa del ritorno dal prestito biennale a Udine – azzurra. Tre reti in 375′ minuti giocati, sempre pronto a rispondere presente in ogni occasione. Forza fisica e fiuto del goal al servizio della squadra, un patrimonio da monitorare con grande attenzione.

Edoardo Brancaccio

 

 

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