Le festività natalizie, si sa, lasciano strascichi ingombranti. Abitudini rivoluzionate, sfascio totale a tavola e a saltare sono innanzitutto le taglie. Il Napoli, seppur con mostaccioli e canditi ancora sullo stomaco, si presenta puntuale e tutto sommato in forma all’appuntamento con l’Epifania. Forse, tra un cenone e l’altro, ha solo smarrito un po’ di concentrazione e di cattiveria agonistica. Le certezze costruite finora e la voglia di stupire, intanto, restano intatte. Così come l’amore sempre più profondo e chiacchierato con la sua tifoseria.
La gara dopo la sosta è da sempre una pericolosissima incognita. L’aveva ribadito più volte in queste settimane Maurizio Sarri, il quale preferirebbe giocare in stile Premier piuttosto che rispettare un stop così prolungato. Esame superato, in ogni caso, anche se con qualche affanno. Certo la vittoria di ieri toglierà ad Higuain l’etichetta di salva-Napoli almeno per qualche giorno. Non me ne voglia il Pipita, straordinario e probabilmente imprescindibile. Ma sminuire questa sinfonia per il solo scopo di delegittimare la portata dei suoi risultati è un meccanismo abbastanza fastidioso. Insigne stappa il 2016 ritrovando i suoi colpi, ma è soprattutto Hamsik a rispondere “Presente!” alle continue sollecitazioni del mister. In realtà, però, impressionano le trame di gioco e bastano ampiamente per cucire le bocche dei cosiddetti esperti. E allora “chi ben comincia”… ne riparla a maggio!
20 gare alla fine, con le coppe che renderanno il mese di febbraio un inferno. Fisicamente sarà un cammino sfiancante, ma è solo lavorando sull’aspetto mentale che gli azzurri potranno essere competitivi. Emblematici sono due fotogrammi uno dietro l’altro apparsi in tv dopo la rete del momentaneo 1-1 di Quagliarella: Pepe Reina e Albiol, con gli indici puntati sulla tempia, invitano i compagni a seguire la stessa strada. Tranquillità, freddezza, cinismo. In una sola parola mentalità. Quella che il Napoli non deve mai smarrire. Non è piaciuta ai due veterani, e nemmeno a me a dire il vero, la gestione confusionaria del post-vantaggio. Un po’ come accadde con l’Atalanta prima delle feste, o al San Paolo contro l’Udinese, i partenopei tendono a sedersi appena sbloccato il risultato. Troppo spesso si mantengono le gare appese ad un filo, lasciando scorrere i minuti e giocando a scacchi con il cronometro. Le beffe sono tremende e dolorose per il proprio ego. Al netto di comprensibili cali fisici, dunque, è un atteggiamento assolutamente da non ripetere.
Essere sul pezzo fino al 90’ e possibilmente anche oltre. Con una caratteristica indispensabile per raggiungere traguardi prestigiosi: l’organizzazione. Il gigantesco gap con la stagione passata nasce proprio dalla cura dei dettagli tattici. Sarri nel pre-gara aveva lasciato intuire che i suoi giocatori avrebbero aggredito il Torino nella sua metà campo per spezzarne il possesso palla. Detto fatto, con qualche pecca. Voragini enormi, soprattutto nella fase centrale del primo tempo, si sono aperte tra difesa e centrocampo su ogni ripartenza granata. Trenta metri di vuoto assoluto dovuti ad una linea arretrata troppo bassa e timorosa, a volte anche più sfilacciata se paragonata a quella di due mesi fa. Poi c’è la minore propensione al sacrificio di Valdifiori (prova comunque discreta la sua) e David Lopez rispetto a Jorginho e Allan. Ma qui solo il mercato, al di là del “romanticismo” del nostro mister, può davvero mettere una pezza. In generale, la lancetta dell’attenzione di questi calciatori è da monitorare costantemente. Il tallone d’Achille per eccellenza sul quale si sta prodigando il nostro allenatore sin dai primi allenamenti. “Il mio obiettivo è portare questo gruppo al 100% del livello di concentrazione” – aveva detto – “Poi si vedrà”. Se riesce in quest’impresa, ha già vinto.
Una chiosa, permettetemi, vorrei farla sui festeggiamenti sotto la curva. A me piacciono, emozionano. L’armonia con il pubblico è un’iniezione profonda di adrenalina. Che il napoletano ami la sua squadra del cuore in modo viscerale è un concetto solido quanto un assioma geometrico. Quando gli stessi giocatori, poi, decidono di bere da questo eterno calice d’amore, si crea una magia ancora più sottile e accattivante. Quindi si canti, anche per stigmatizzare l’invidia dei soloni. Ad una condizione, però. “Un giorno all’improvviso” gli azzurri potranno attraversare per qualsiasi motivo un periodo difficile. L’attaccamento ai colori si pesa nel momento del bisogno, nella gioia persino i matrimoni sembrano non avere problemi. Allora questo gruppo si dovrà sostenere, magari urlando a squarciagola le stesse note dagli spalti. Sarebbe un cambiamento epocale in una piazza così umorale. Perchè è inutile prenderci in giro. Il Napoli senza Napoli non potrà mai volare in alto. Difendiamola.
Ivan De Vita
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Articolo modificato 8 Gen 2016 - 11:36