Un conto è andare avanti, un altro è farlo superando anche le proprie paure. Tipo le vertigini, sì: perché il Napoli, lì in alto, un po’ ci sta a fatica. Questione di abitudine, di tempo, di farci il callo. Di mille pressioni, del terrore di sbagliare pronto a battagliare in ogni istante con la consapevolezza d’esser grandi. Un passo falso sarebbe potuto essere determinante, un po’ per tutti. Eppure, la solita sensazione di scivolar via coi propri sogni non ha trovato spazio neanche per un misero attimo. C’è troppa voglia di esserci. Troppa fiducia in chi ha lavorato.
I CERCHI – No, i fantasmi sono andati via. Più o meno tutti. Chi prima, chi dopo, han fatto le valigie ed abbandonato Napoli al dolce destino della concretezza. La paura è difatti volata lontano, ha abbandonato queste parti senza guardarsi più alle spalle. L’ha fatto da quella sera di fine settembre che ancora oggi richiama vendetta. Era l’occasione del Carpi, sarebbero state due lunghezze in più da rinfacciare a tutto il campionato: col senno di poi, forse la cornice fu più determinante del dipinto. Ecco, esattamente come questo tête-à-tête con il Sassuolo. Che un po’ ritorna, a mo’ di cerchio che si chiude: al giro di boa, inevitabile pensare ad altro. Anche perché poi ci sono tutte le dinamiche: c’è la paura, c’è la reazione, c’è la sofferenza. E c’è Higuain: che imbroglia e sbroglia, e sempre nel miglior senso possibile.
IL NOVE – Dai, aprite pure gli occhi: questo non è un sogno. E meravigliatevi. E ringraziate. Venti gol in venti partite. Medie da Ronaldo e Messi, e neanche lontanamente cifre da campionato italiano. Quinta doppietta nelle ultime sette gare, primato di reti in SerieA – in un’intera stagione, sia chiaro – già battuto, superato, macinato sotto le bombe che abbattono avversari e record. Di destro, di sinistro. D’intelligenza e d’astuzia, come il movimento ch’è valso un tremendo vantaggio. Roba da registrare ed insegnare nelle scuole calcio: che di questo Pipita, ad oggi, si tramanda ancora troppo poco. Chissà come andrà a finire, la sua annata. Chissà dove si arriverà, chissà poi cos’accadrà a giugno. Quando Ancelotti busserà alla porta e troverà ADL pronto a fare spallucce. Chissà se Gonzalo avrà la forza di aggrapparsi al proprio cuore, chissà se lo farà con tre colori ben precisi a colorargli il petto.
IN VOLO – Nel frattempo, è tutto decisamente più azzurro: lo sono la sofferenza, la svolta, il Pipita. Certe storie non fanno davvero giri immensi, ma restano sempre in agguato in attesa di rispuntare sul più bello. E quale Giotto, signori: il cerchio perfetto, l’ha disegnato proprio Maurizio Sarri. Col filtro in bocca, col taccuino in tasca e col sorriso più sincero che ci sia. Al gol subito non ha avuto fretta neanche d’arrabbiarsi: ha agito col fare del sensei che insegna al ragazzino pieno di talento, chiudendo i rubinetti delle critiche ed allargando gli orizzonti motivazionali dei suoi. “Andiamo, andiamo, andiamo”: più forti, più decisi, più cattivi. Insigne si prende inevitabilmente il lusso delle luci della ribalta, il nueve è addirittura in anticipo all’appuntamento con la storia, e poi dietro non si balla più. Svoltare dritto: Napoli sa far suo anche questo paradosso. Da Sassuolo a Sassuolo: soffrendo, sterzando, aggrappandosi a Gonzalo. Guardandosi allo specchio, quindi riscoprendosi più grande. E forse addirittura più pronto: la paura di volare, in fondo, si sconfigge senza guardare verso il basso. E soprattutto senza pensarci più di tanto. Manca ancora parecchio all’atterraggio, no?
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Cristiano Corbo
Articolo modificato 17 Gen 2016 - 10:07