“Ho dato mandato a Giuntoli per Maksimovic, per Kramer e per Herrera. Abbiamo fatto però altre valutazioni su dieci centrocampisti e cinque difensori centrali, che hanno caratteristiche simili”. Dieci gennaio, Frosinone-Napoli si è da poco conclusa con l’ennesimo pokerissimo stagionale a favore degli uomini di Maurizio Sarri, azzurri Campioni d’inverno con annesso carico d’entusiasmo, ovvio quando un alloro – platonico certo – simile manca da un quarto di secolo. Aurelio De Laurentiis scende in campo, lo fa pesando parole e progetti, in vista di un Napoli che non vuole nascondersi, in campo come in sede di mercato, programmando il colpo in grado di sovvertire atavici equilibri e consolidare le velleità di un gruppo d’altissima classifica.
Cambio di rotta. Ci ha provato, eccome, la dirigenza azzurra. Ma non di rado simili obiettivi nella sessione invernale di mercato sono ardui da cogliere, soprattutto se si prova l’affondo sprovvisti della giusta convinzione. Difficile che società d’alto profilo si liberino a cuor, e portafoglio, leggero di veri e propri cardini dei propri progetti tecnici, più semplice in estate, con mesi a disposizione per ragionare e ponderare, trovando i giusti punti d’incontro. La conseguenza diviene fisiologica: abbassare leggermente il tiro, almeno in questo mese, anche a mezzo stampa. Piccoli passi indietro, ben circostanziati e senza però abbassare i riflettori, ricercando i profili più interessanti da collocare nei disegni dell’allenatore.
Mi manda Edy. In quest’ottica si colloca l’acquisto di Alberto Grassi, gioiello classe ’95 prodotto del vivaio dell’Atalanta. Un percorso da predestinato, in pianta stabile con la Primavera appena compiuti 16 anni. Nato per giostrare in una mediana a tre, mezz’ala, incursore, schermo davanti alla difesa, una duttilità non comune ed un fare da veterano fin dagli esordi in prima squadra. Cancellati i trascorsi burrascosi e la mano pesante del giudice sportivo nell’ultima stagione tra le fila delle giovanili, l’espolosione è stata prodigiosa, lampante. L’esordio in Serie A contro la Roma, nel novembre del 2014, saggiando i tacchetti dei grandi, comprendendo a pieno un mondo che non ancora ventenni è un sogno ad occhi aperti. La fiducia di Edy Reja, saggio bucaniere dell’italico pallone che nel bambinetto nato a Brescia ha creduto fin da subito lanciandolo nella mischia, da perno della mediana orobica, senza mai un accenno di dubbio. L’ombra di Baselli svanita con un soffio mutato in brezza, sferzante, tutta personalità in mediana, fisico, gran passo e propensione offensiva pari alla capacità di ripiegare e difendere in fase di filtro. Buone doti tecniche che si abbinano ad un’intelligenza tattica insolita in un ventenne con 16 presenze in A e due in Coppa Italia, l’ex allenatore azzurro non ha dubbi: “Mi dispiace, avevo chiesto di venderlo a giugno. Alberto non avrà problemi perché è già maturo, è forte fisicamente e tatticamente. Ha doti naturali e ha un grande potenziale. Gli ho spiegato l’ambiente di Napoli e gli ho consigliato di continuare a giocare come sa, senza strafare”.
Linea verde. Parola ai giovani, meglio se italiani, un vezzo al quale il diesse Cristiano Giuntoli si affida con piacere, tra normative e radar ben collocati a scovare i migliori prospetti che il panorama del belpaese possa offrire. Riflettori su Barba (22 anni), per completare il reparto difensivo, confrontandosi con la barriera issata da Corsi, Carli e Giampaolo. L’Empoli sta dipingendo l’ennesimo capolavoro e rinunciare anche ad un solo, singolo, pigmento della tavolozza non è mossa semplice. Giuntoli ci prova, con il placet di Sarri che nel difensore scuola Roma rivede tutte le caratteristiche richieste nel ruolo, materiale grezzo da limare e far rendere alla perfezione, chiedere a Kalidou Koulibaly nel caso vi fossero incertezze. Linfa giovanile ad arricchire il progetto, nuova energie dagli aspetti ambivalenti. Pro e contro da appuntare, da un lato freschezza e sfrontatezza, voglia di crescere, maturare, essere partecipi di un progetto ambizioso senza sgomitare eccessivamente, ledere gli equilibri di uno spogliatoio che viaggia a vele spiegate, attendendo la propria occasione. Manca, nuovamente, l’emblematico coup de théâtre, il pezzo da 90 a completare un gruppo di titolarissimi di altissimo profilo, un innesto in grado di collocare a pieno il Napoli nella lotta, intensissima, che l’attende su due fronti. Esaustivo il tecnico azzurro sull’argomento, stuzzicato alla viglia di Sampdoria-Napoli: “Mi piace molto lavorare con i giovani, sono un libro da scrivere con la carta ancora bianca, è gratificante per un allenatore. Certo dipende dal contesto e dagli obiettivi. Ci vuole grande chiarezza per obiettivi di breve e medio periodo”. La dirigenza azzurra ha scelto il proprio gioco, al rettangolo verde il responso definitivo.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 23 Gen 2016 - 17:57