Dodici anni, tanto è trascorso, ma il lasso di tempo a separare questo mese di gennaio da quello del 2004 appare infinitamente più ampio. Come se tempo e spazio si fossero dilatati, complice una vera e propria rivoluzione, costruita tassello dopo tassello dall’attuale gestione societaria, una nota al merito mai in discussione nelle nuove, sempre più ambiziose, pagine di storia scritte in questi anni. Annus horribilis 2004: il Napoli del patron Naldi, soverchiato, accartocciato in un groviglio intricatissimo composto da anni di mala gestione. Dal dopo Maradona un dissesto societario lungo un decennio: la parentesi Gallo durata poco più di un anno, il ritorno di Ferlaino, l’ingresso di Corbelli, la duplice presidenza, fino alla gestione dell’imprenditorie alberghiero, travolto da un contesto infinitamente più grande delle sue possibilità e capacità imprenditoriali. Estati trascorse con la spada affilatissima della C.O.V.I.S.O.C a pendere, impietosa, attendendo l’imponderabile.
Agonia. Un percorso tecnico, di campo, che accompagnò di pari passo le annose vicende societarie, fino al ridimensionamento totale, da squadra di metà classifica nella cadetteria. Una lotta per la sopravvivenza, che siano i conti o la legge del rettangolo di gioco a parlare non fa differenza. Annata mediocre, quella 2003-2004, una stagione che avrebbe accompagnato in estate il club all’indelebile scempio chiamato fallimento. Un tredicesimo posto sul campo, al netto di una sessione estiva all’insegna di acquisti chiamati – solo sulla carta – a garantire una stagione ben più dignitosa. Da Nicola Zanini a Gianluca Savoldi, fino agli innesti di Tosto, Olive, Massimo Carrera, Portanova, Zamboni, Bernini e Montesanto. Nomi da annata quantomeno tranquilla, a cui aggiungere un rampante Floro Flores, provando, nel caso, il guizzo verso una classifica ben più gratificante. I piani del diesse Perinetti, smentiti dal campo, così l’esonero del tecnico Agostinelli, passato alla storia per i nove pareggi in meno di due mesi, ed il ritorno dell’affabile Gigi Simoni, con ancora vividi i ricordi dell’avvincente – almeno a metà – stagione 1996-1997.
L’illusione ed il grottesco. Gennaio, dicevamo, tempo di riparazione, con la speranza di dettare una sterzata, decisa, ad un campionato dalle pieghe poco virtuose. Gionatha Spinesi nel mirino, uomo della fantomatica provvidenza. Attaccante del Bari di totale affidamento, habituè della doppia cifra in Serie B – cinque stagioni consecutive con le maglie di Bari, Arezzo e Catania – l’uomo a cui affidare una flebile riscossa. Dodici reti in 20 gare, poi le frizioni con il club del patron Matarrese. Accordo totale con il giocatore, stuzzicato dall’esperienza in riva al Golfo anche per incastri familiari. Cifra pattuita dai pugliesi: 400.000 euro. Cifre contenute, d’occasione, per un atleta che rappresentava una vera e propria garanzia. Richieste figlie di un Bari in una crisi, se possibile, pari se non peggiore di quella partenopea. Suona strano, memori della storia recente dove al netto delle – talvolta anche doverose – critiche, la società azzurra ha concluso colpi come Ghoulam, Jorginho, Gabbiadini, investito cifre cospicue su un talento di referenze e ampie prospettive come Grassi; ma quell’acquisto sfumò, mestamente. Le speranze nel reperire la somma necessaria con le cessioni di Zanini o di Floro Flores in comproprietà sfuggirono con il passare dei giorni, fino all’amaro in bocca finale, allo scoccare del gong del mercato condito da un dietrofront improvviso. Una richiesta inusuale, quella della dirigenza azzurra che richiese una firma in bianco sul contratto al giocatore. Amarezza più totale. Per entrambe le parti, premessa doverosa, perché Spinesi concluderà l’annata con uno stop di cinque mesi, in totale rottura con la sua società, prima dell’approdo, già citato, all’Arezzo nella stagione successiva. L’ennesima onta per il popolo azzurro, che vide sfumare per una cifra risibile un innesto di sicuro affidamento. Racconterà Spinesi, qualche anno dopo: “Era un sogno anche a livello familiare anche perché mia moglie è napoletana: avevamo trovato l’accordo su tutto all’epoca del Napoli di Naldi, io ero già fuori rosa a Bari visto che era tutto pronto, i presidenti si incontrarono ad Avellino, fissarono anche le date, ma Naldi mi disse di firmare in bianco senza conoscere le cifre e quindi saltò tutto… E’ bene che i napoletani sappiano davvero com’è andata! Comunque non tutti i mali vengono per nuocere, adesso c’è di meglio!”.
C’è di meglio, senza dubbio alcuno, e con somma fortuna.
Edoardo Brancaccio
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