Una partita come le altre, forse. Sicuramente una delle tante, non più importante di molte delle quali hanno condizionato la carriera sportiva di Maurizio Sarri e ne hanno forgiato il carattere. Dietro la scorza dura si celano le emozioni. E’ innegabile. Evidente. Il distacco forse fin troppo accentuato per sembrar vero, quello giusto però a caricare ma non troppo l’ambiente e la squadra di aspettative, di ansie, di paure. Sarri toglie la maschera e si mette, come al solito, in prima fila. E’ normale, è il comandante, guida il resto del gruppo.
Il condottiero cerca, tra la follia di imporre le proprie idee di calcio e la necessità di non peccare di presunzione al Grande Ballo, di stemperare gli animi: “Provo grande determinazione, mi ritengo fortunato ad essere arrivato sin qui partendo dai dilettanti. Juve-Napoli non è la partita più importante per me, le 500 precedenti mi sono servite per arrivare fin qui. Giocare Sangiovannese-Grosseto per me è stata la stessa cosa”.
In parte vero. In parte forse no. Nessuno può saperlo tranne Sarri, ed è più che giusto così. Avanti per la sua strada, sempre e comunque: la lucidità di non provare ad essere remissivi, nemmeno per un attimo, bensì consapevole dei propri passi, uno dopo l’altro, fino alla fine. I conti si tireranno al termine della stagione, più facile a dirsi che a farsi. L’animo del guerriero non si placa affatto: il guscio è ruvido, così come è altrettanto vero che all’interno, probabilmente, l’animo ribolle di passione. E’ il momento di guardare al campo, alla resa dei conti non così tanto decisiva, in qualsiasi caso: Sarri lo sa, Allegri lo sa, anche tutta Italia ne è consapevole. C’è bisogno, però, di affrontare la sfida nel miglior modo possibile: niente più riverenza o capo chino, testa alta petto in fuori. Poi si vedrà.
Articolo modificato 12 Feb 2016 - 23:58