Un nodo in gola, un vuoto nello stomaco, difficile descrivere a pieno le sensazioni del gruppo azzurro allo scoccare della conclusione velenosa, e deviata in maniera quanto mai propizia, di Zaza a pochi minuti dal fischio finale. La rabbia di Reina, lo sconforto di Higuain, ecco. Fotografie perfette di un incontro che avrebbe meritato un esito diverso.
Un finale differente, certo. Un pari, ma il passo dall’impresa in casa dei campioni in carica passa da un attacco sostanzialmente abulico, mai in grado di imprimere tutto il proprio tasso di qualità e giocate imprevedibili sulla gara dello Stadium. Insigne assiste sgomento ad una capitolazione che, dalle sue parti, non ammette attenuanti. La marcatura di Lichtsteiner è decisa, minuziosa, ogni minuto del numero 24 azzurro è scandito dalla presenza costante dell’esterno svizzero della Vecchia Signora. Nessun cambio di passo, mai il ritmo giusto su quell’out mancino che soffre maledettamente dell’assenza del suo protagonista assoluto. Sarri gli chiede di tenere il baricentro basso e Insigne non batte ciglio, tiene sempre il passo e fa il suo, ma non basta, no. Il Napoli sulla trequarti necessitava non poco di un apporto che è mestamente mancato.
Ha latitato Higuain, chiuso a dovere nella morsa dei due centrali di Allegri. Mai un sussulto, nessuna giocata in grado di infiammare il gruppo e un popolo che bramava un trionfo rimasto solo speranza. Bonucci prima, sontuoso nel chiudere l’unica reale palla gol a favore dell’argentino, Barzagli e Rugani poi padroni assoluti dell’area piccola. Troppo solo, forse. Ma le scelte restano a Sarri e a lui soltanto. Ciò che è mancato, nei novanta minuti dalla grande intensità di Torino, è la qualità in mediana. Che ha tenuto botta, sì, grazie ad un sontuoso Allan e ad un Jorginho a corrente alternata, ma mai in grado di dettare il cambio di passo necessario. La responsabilità? Passa, molta, dai piedi del capitano azzurro. Marek Hamsik è il peggiore in campo della sfida di stasera. Abulico, assente, nessuna illuminazione sulla trequarti, gli spazi di certo non erano ampi e proficui come il background dello slovacco richiede, ma il suo nerbo, la sua personalità, erano essenziali al cospetto di una mediana colma di qualità e esperienza internazionale. Poca presenza in fase di filtro, totale assenza in quella propositiva. Se il Napoli, stasera, non ha potuto ambire alla posta più ambita è, anche e soprattutto, per il talento del classe ’87 di Banska Bystrika rimasto nei meandri di Castel Volturno. Ci sarà modo di rimediare, certo, ma che non si manchi più all’appello. Il Napoli non può, in contese di tale livello, fare a meno del suo faro a metà campo.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 18 Feb 2016 - 11:23