Non è semplice imporre il proprio gioco contro un avversario che rinuncia a qualsiasi velleità offensiva. Un atteggiamento ostruzionistico ma, a conti fatti, efficace, con l’unico intento di portare a casa la pelle, sfuggendo alle fauci del San Paolo.
Come può se la sorte prima ti accarezza, benevola, come in occasione del vantaggio di Insigne – un tiro/cross sporcato da una decisiva deviazione – poi ti afferra al collo e spinge, fino a scaraventarti al suolo, quasi punendo un eccesso di hybris. Voltando le spalle al collettivo azzurro in maniera beffarda, scodellando lo stacco di un Koulibaly, per il resto sontuoso, dritto sulla proiezione dell’accorrente Bonaventura. Un gancio perentorio, capace di spegnere in tempo zero l’entusiasmo di pubblico e gruppo.
Non può esserlo se sull’ex Atalanta manca la solita, puntuale, chiusura di Callejon. La vera anima offensiva dell’attacco partenopeo, il più incisivo nell’ora a disposizione, tra tagli e volontà di aggredire gli spazi, ma che proprio in occasione del pareggio del Milan fa, colpevolmente, mancare la propria presenza. Difficile cogliere i tre punti se Allan perde di gamba e capacità di spezzare il ritmo avversari con la sua qualità paradigmatica nel ripartire, deciso, palla al piede creando scompiglio tra le linee avversarie.
Non c’è via di scampo se in avanti la freschezza non è quella con cui gli azzurri hanno confezionato, con la rete ai rossoneri, 79 goal in stagione. Se Insigne salva la sua prestazione con la rete del vantaggio, ma termina i suoi 90′ di gioco costantemente oppresso dalla morsa degli esterni avversari, svanendo progressivamente fino a non lasciare traccia. Medesimo il destino di Gonzalo Higuain che ha patito oltremisura l’ottimo lavoro in marcatura di Alex e Zapata, poco brillante, questo è certo, controfigura stizzita dell’ira di Dio che ha sparigliato record e gettato, con largo anticipo, un’ipoteca certificata sulla classifica cannonieri. Il goal, quello da tre punti, solo sfiorato senza mai trovare l’angolo propizio, finendo per incaponirsi e cedere al nervosismo.
Impossibile cogliere al volo l’occasione apparecchiata dal pareggio bianconero del Dall’Ara se in mediana manca fosforo e intuizione, l’imprevedibilità e le sicurezza all’unisono che Marek Hamsik è chiamato a garantire nella zona nevralgica del campo. Una sequela di errori quasi frustrante per il capitano azzurro, il peggiore in campo della sfida di stasera. Nel computo tra le due fasi meglio in quella di filtro, dove nonostante gli errori non manchino, riesce comunque ad imporre la sua presenza. Quando c’è da innescare le proiezioni offensive il buio, alla lunga finisce per peccare persino nei fondamentali più semplici, dagli stop imprecisi agli appoggi che dovrebbero rappresentare l’ordinaria amministrazione. Che i 2.595′ in stagione comincino a pesare? Un quesito che gara dopo gara sembra apparire sempre più marcato. La certezza è che da Torino l’apporto dello slovacco manca, troppo, nell’economia del gioco partenopeo.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 23 Feb 2016 - 10:53