Il massimo con il minimo sforzo, l’ottava meraviglia lontana dalle mura amiche è sul piatto. Vincere, di questi tempi, è l’unica cosa che conta. Lo insegnano in altri lidi, no? Una vittoria di misura contro un Palermo che dato, l’ennesimo, terremoto vissuto in questa settimana ha meritato l’onore delle armi. Ampi sprazzi del miglior Napoli salvo poi ragionare e lenire battito e respiro, senza gettare inutilmente il cuore oltre l’ostacolo.
Muro. La coppia Albiol-Koulibaly si ritrova e lo spartito è sempre lo stesso, magnificamente identico. Rocciosi ed eleganti, dediti alla rottura e all’impostazione, ferro e piuma a seconda dell’occasione. Lo spagnolo ha il merito di guadagnare il rigore decisivo, al termine di un duello che che ha assunto per larghi tratti i crismi della lotta greco-romana più che della disfida calcistica. Positivo, e propositivo, anche Ghoulam. Condizione ottimale e gamba strepitosa, conquistando a più riprese la propria fascia di competenza.
Record. Timbro numero 29 in stagione per Gonzalo Higuain, centro numero 27 in 29 gare di campionato. Il record in carriera è eguagliato, ora 810 minuti per demolirlo. Lo fa sparigliando tutti i fantasmi, ormai sotterrati con convinzione, dal dischetto. Gli undici metri non fanno più paura, dopo il piazzato con il Carpi ecco il destro potente e preciso che non permette tempi di reazione a Sorrentino come ennesima sentenza. Il goal vittoria come fulcro di una gara dove l’argentino non si è mai risparmiato, cercando voglioso la seconda gioia personale ma anche la giocata al servizio dei compagni. L’ennesima prestazione da leader, ma anche questa non è più una novella.
Mente e braccio. A centrocampo il dominio azzurro è assoluto, dominante appunto. Allan è braccio, ritrovato, incontenibile. Polmoni per quattro, fosforo e veemenza che si incrociano e non lasciano scampo. In fase di pressing un mastino, quando si spinge garantisce respiro e spunti invitanti a sparigliare equilibri. Un bentornato dopo un mese difficile, ma la gara con il Chievo aveva già dato più di un accenno in questo senso. Jorginho, il migliore in campo, è cervello, cuore, tutto ruota intorno alle giocate del regista ex Hellas. Divino, fonte di gioco primigenea e irrinunciabile. Dirige i tempi dell’intero collettivo da direttore d’orchestra consumato, completa 164 passaggi, ne recupera 15 di palloni, un’enormità che certifica la mole immensa di giocate che passano dai piedi dell’italo-brasiliano. Quantità e qualità in un unicuum da spellarsi le mani, gli aggettivi si perdono, il tempo si placa, quando con la coda dell’occhio scorge il movimento di Insigne, servendolo con un tracciante perfetto per tempi e cura dei dettagli. L’illuminazione in verticale da alternare allo scarico preciso, a cercare ampiezza e profondità. Il regista principe della Serie A, e pensare che proprio l’anno scorso al Barbera annaspava mestamente…
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 14 Mar 2016 - 17:46