È straordinario come tutto possa cambiare nel giro di un anno. Piccoli tasselli messi nei posti giusti possono generare cambiamenti epocali. Il tutto, ovviamente, va a braccetto col coraggio di ammettere gli errori, ricostruire e cambiare rotta. L’ha fatto il Napoli, che nel giro di un anno ha stravolto l’universo Serie A tornando prepotentemente nelle posizioni d’elite. Gli azzurri lo scorso anno hanno annaspato per tutta la stagione, chiusa mestamente al quinto posto senza mai intavolare un discorso scudetto.
Palermo è un simbolo di rinascita. Come la fenice che risorge dalle proprie ceneri. Perché al Barbera, lo scorso anno, il Napoli crollava sotto le pallonate di Dybala e compagni. 3-1 e capitolazione con relativo avvicendamento tra i pali. Ma la svolta più epocale è racchiusa in un dato specifico quanto impietoso, un parallelo tra la stagione 2014-2015 e quella attuale: alla 29esima giornata dello scorso campionato Higuain e compagni, sconfitti a Roma dai giallorossi, venivano relegati nel limbo del sesto posto, lontani 8 punti dalla zona Champions. Era un periodo difficile per la truppa azzurra, che presto, dopo la sconfitta in Coppa con la Lazio, sarebbe andata in ritiro per ritrovare motivazioni e sorrisi.
Quei 47 punti che il Napoli aveva racimolato qua e là dopo la ventinovesima sono il nulla se confrontati ai 64 attuali. Un margine di 17 punti che spiega a regola d’arte la trasformazione avvenuta nel giro di un anno. Dal 4 aprile al 13 marzo la strada è stata lunga, lunghissima. E poi c’è la vetta, quella vista soltanto dal binocolo nel periodo Benitez e accarezzata e ancora inseguita oggi. 23 allora erano i punti di distacco dalla Juventus schiacciasassi, ora le lunghezze sono appena tre. Contro una squadra – vale sempre la pena ripeterlo – che ha vinto 18 delle ultime 19 partite. L’ultimo e forse il dato più significativo è che il Napoli targato Benitez chiuse il campionato con 63 punti. Ad oggi, quello di Sarri ne ha fatti 64 (e mancano nove partite). Se non è un cambiamento epocale questo, poco ci manca.
Vittorio Perrone
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