Nel calcio non esistono più bandiere. E’ un fatto appurato, quasi come se l’ultimo superstite fosse davvero Francesco Totti. C’è chi riesce a spendere la propria intera carriera in un solo luogo, creando un legame viscerale con l’ambiente e la piazza. Ci sono poi i giramondo, quelli che hanno sempre una maglia da baciare e una nuova piazza da abbracciare. Mercenari? Magari semplicemente esploratori.
Ecco, Marco Milanese è un esploratore: a 17 anni ha già girato l’Italia. Il suo viaggio parte da Isernia, cittadina molisana di pressappoco 20 mila abitanti e si conclude, ad oggi, a Napoli. Il tutto passando per Verona, Parma e Torino. Difensore, Milanese è arrivato a Napoli a gennaio e in breve tempo si è preso le redini della retroguardia degli azzurrini. Pronto, però, a ricoprire più posizioni. “E’ molto duttile – dice ai nostri taccuini Giuseppe Troiano, che ha allenato Marco due anni fa all’Isernia – sta giocando da difensore centrale mentre io lo usavo da interno di centrocampo. E’ un mancino naturale ma usa bene anche il destro”. Facile essere pronti a tutto quando si ha la testa sulle spalle: “E’ un ragazzo intelligentissimo” – continua il tecnico – “Nonostante abbia giocato a Parma e Torino frequenta il liceo scientifico con ottimi voti”. I suoi punti di forza sono la tecnica di base e la velocità nella distanza. Oltre a una leadership innata, frutto di un carattere particolarmente estroverso: “E’ un ragazzo eccezionale che socializza bene e tende a unire, non dividere. E’ un leader nello spogliatoio – continua – come in campo, un esempio di come dovrebbe essere un professionista. Si allena sempre al massimo, ha una grande personalità. Ed è abituato a fare sacrifici senza mai lamentarsi”.
Una carriera che l’ha visto partire dall’Isernia, dove ha iniziato con i juniores (“Facemmo un progetto con i sotto età”) e ha esordito in Serie D: “Era una partita assolutamente aperta che l’Isernia perdeva 0-1 in casa. Noi credevamo in questi ragazzi e anche in prima squadra facevano lo stesso”. Mister Troiano racconta di un ragazzo straordinariamente maturo, che non ha idoli, guarda il calcio e si interessa ai calciatori soltanto per imparare a migliorarsi: “Confrontato con i coetanei sembrava che avesse 27-28 anni, lui è abituato a giocare con i più grandi. A fine allenamento organizzavamo spesso un’amichevole tra prima squadra e juniores”.
Ma la carriera di Marco, sinora, non è stata tutta rose e fiori. La prima tappa lo porta al Chievo, dove convince tutti ma incontra un settore giovanile in ridimensionamento. Poi Parma e – nel bene e nel male – il Torino. Nel male, certamente, perché Marco sotto la Mole ha “perso tre mesi”, secondo il suo allenatore. “Non rientrava nei piani della Primavera – accusa mister Troiano – e giocava nei Berretti. Non capisco il motivo di creare una squadra Primavera di 40 persone e una Berretti con altrettanti elementi. Il Torino ha insistito tanto per averlo ma non l’ha fatto giocare nemmeno un minuto”. Ma anche nel bene, perché “se il risultato è stato andare al Napoli è bene che sia successo”. Già, perché a Sant’Antimo Milanese è diventato protagonista, ha preso a poco a poco le redini della difesa di Saurini e ha segnato anche due reti contro il Lanciano: “Era molto contento, fa sempre piacere segnare ma lui è uno con i piedi per terra, quindi sa che quei goal non servono a molto. Preferisce il risultato della squdra e una buona prestazione individuale”.
La carta d’identità, insomma, sembra mentire: Milanese ha 17 anni ma ne dimostra molti di più. Piedi per terra, una maturità fuori dalla norma e tanta umiltà: “E’ un ragazzo che ha una ‘testa grossa’. Gli auguro di crescere come sta facendo”. L’ultimo invito per Saurini, il tecnico che l’ha accolto a Napoli: “Può aiutarlo a migliorare negli allenamenti e correggerlo mettendo a disposizione la sua esperienza da allenatore”. E per concludere un messaggio di speranza: “Bisogna vedere come cresce a Napoli, io sono fiducioso”. Con queste premesse, come non esserlo?
Vittorio Perrone
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