Tra i principali meriti di Maurizio Sarri per questa annata straordinaria del Napoli c’è sicuramente l’aver rilanciato, formato e plasmato una serie di calciatori, giovani e non, che nei due anni di Benitez avevano perso smalto, voglia e carattere. Soprattutto la stagione 2014-2015 ha visto un crollo totale dei vari Hamsik, Koulibaly, Albiol e, in parte, Higuaín. Tra questi certamente non c’è Lorenzo Insigne che, pur senza accumulare reti e assist come quest’anno, faceva la sua parte. Un buon giocatore con lo spagnolo in panchina: tutto qui. Ma quindi come si spiega questa improvvisa evoluzione di “Lorenzo il Magnifico” sotto la guida di Sarri?
I NUMERI A CONFRONTO – Stiamo parlando di un calciatore che in 30 partite di Serie A ne ha disputate 28 dall’inizio e 1 da subentrato (mentre a Frosinone restò in panca a guardare i suoi disintegrare i “Ciociari”), collezionando numeri spaventosi: 11 goal, 10 assist, 5 volte “uomo-partita”, 80% di passaggi riusciti. Se questi numeri si confrontano con quelli dei due campionati passati, si nota un abisso immenso: 5 reti fatte (3 il primo anno, 2 il secondo), 9 assist (6 nel 2013-2014, 3 nell’anno successivo). Potremmo fermarci anche solo ai numeri per renderci conto di quanto sia stato fondamentale il lavoro di Sarri su Lorenzo, rendendolo definitivamente un calciatore completo, decisivo e maturo.
DAL 4-2-3-1 DI BENITEZ AL 4-3-3 DI SARRI – L’evoluzione di Insigne passa però anche dai compiti, offensivi e difensivi, cambiati con il nuovo sistema di gioco. In fase offensiva, la differenza col sistema di gioco del tecnico spagnolo è quella di poter sfruttare maggiore campo centralmente, riuscendo così a convergere verso la corsia centrale. Accentrandosi, Insigne può calciare, dialogare con Higuaín per poi attaccare la profondità, o innescare i compagni, tipo Allan (vedi Milan – Napoli), tipo Callejon, tipo Hamsik. Nel 4-2-3-1 tutto ciò non avveniva semplicemente perché la parte centrale del campo era già occupata, di posizione, dal capitano. Anche in fase difensiva, i compiti di Insigne sono cambiati: con Sarri c’è una struttura ben definita per la fase di non possesso: pressing alto, tanti uomini in zona palla e transizioni veloci. In pratica, Insigne occupa maggiore spazio in fase difensiva ma con sforzo minore, visto che c’è l’intera squadra che si muove come unico blocco. Ecco spiegata anche una maggiore lucidità sotto porta. Nel 4-2-3-1 di Benitez, con una squadra sbilanciata in avanti, per Lorenzo c’era meno lavoro ma più ‘strappi’ per andare ad arginare i vuoti che si creavano soprattutto a metà campo.
L’esplosione di Insigne passa da questi punti. Molto spesso gli allenatori sminuiscono l’importanza del sistema di gioco, sottolineando come invece contino le idee e la filosofia. Tutto vero! Ma, a conti (su Insigne) fatti, potremmo sbilanciarci nel dire che tra sistema di gioco e filosofia di gioco c’è un rapporto bilaterale: il sistema di gioco vale poco senza una precisa filosofia di calcio; certe filosofie in campo trovano la perfetta esecuzione solo in certi sistemi di gioco. Altrimenti perché far giocare col 4-3-3 tutte le varie categorie della Cantera del Barcellona?
Salvatore Nappo
Twitter: @SalvatoreNappo8
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