Otto finali, è ormai assodato. Otto partite da vivere tutte d’un fiato, come una emozione continua e in crescendo. Perché questo Napoli è bello proprio per questo: sempre imprevedibile, sempre da batticuore, sempre bello da vedere. Una partita dura novanta minuti ma, a guardare il Napoli, ci si incanta: il tempo va via lentamente, tant’è lo spettacolo offerto dagli uomini in maglia azzurra. Una Juventus cannibale stacca il Napoli di soli tre punti ma da qui alla fine ci sarà ancora spazio per colpi di scena come, ovviamente, ogni tifoso azzurro spera. Eppure, a prescindere da come finirà, questa stagione sarà un successo. E non tanto per la squadra vista in campo, capace di smentire scettici e critiche ed impressionare l’Europa intera per modo di giocare, quanto perché, in questa stagione, si sono gettate le basi per un futuro, finalmente, da vincenti. Doveva essere un anno di transizione, è stato molto di più. Il domani del Napoli appare, via via, sempre più roseo.
MATURITÀ – Non ci è voluto molto, se si considera il fatto che nel 2004, praticamente, il Napoli era scomparso. La società di De Laurentiis, in questa annata, ha raggiunto la piena maturità, con la consapevolezza di essere ormai nella élite del calcio italiano e ed europeo. “Verba volant, scripta manent” – dicevano i latini ed avevano ragione. Perché la storia va avanti, chi si ferma spesso è perduto e guardare al passato non è una buona scusante per vantarsi e ritenersi superiori. Con buona pace dei contestatori, il Napoli rappresenta oggi una solida realtà in continua crescita. Certo, non ci sono gli scudetti di una Inter o le Champions di un Milan ma gli azzurri diranno la loro sempre, nel prossimo futuro, in campo nazionale ed internazionale. In Europa sempre, con Mazzarri, Benitez e Sarri. Con l’allenatore di San Vincenzo si sfiorò l’impresa, contendendo la testa della classifica al Milan, allenato proprio da Max Allegri (poi vincitore dello scudetto nel 2011-2012, n.d.r). Quel risultato non arrivò, ma ogni cosa ha il suo momento ed ormai i tempi sono maturi, è il caso di dirlo: questa stagione lo dimostra pienamente.
ALLENATORE – Inutile negarlo: in questa squadra la mano di Maurizio Sarri è stata fondamentale. Arrivato nel silenzio generale, ha stupito tutti per meticolosità ed organizzazione. Un tecnico a tutto tondo, di scuola italiana, vecchio stile insomma: campo, tantissimo campo; poche parole, tanti fatti. Giacche nemmeno per sogno: una tuta ed un paio di scarpette sono l’abito più bello da indossare per un gioco, quello del calcio, che è soprattutto organizzazione. Sarri ha raccolto un gruppo reduce dal biennio Benitez, concluso come tutti sanno, e lo ha riportato in alto. Per il futuro del Napoli, il rinnovo del tecnico di Figline Valdarno è passo necessario da compiere quanto prima, come sa il presidente De Laurentiis che, alla luce dei risultati ottenuti, ha avuto, anche questa volta, ragione. Un motivatore, un uomo di campo che ha conquistato, con la forza delle idee, un gruppo con tanti campioni. Psicologicamente, un allenatore sopra la media, bravo nell’entrare nella testa dei suoi. Pochi ci riescono.
IDENTITÀ – Sono tanti i passi che il Napoli deve ancora compiere ma, in dodici anni, i risultati sono più che eccellenti. Eppure, in questa stagione, si è raggiunta quasi la perfezione a livello di gioco ma anche, e soprattutto, a livello di organizzazione: tattica, fisica e mentale, l’unione di più forze che hanno contributo a creare una squadra capace non solo di vincere ma anche di convincere. Qualche tempo fa mancavano i giocatori, poi è mancato il gioco: non per questo Napoli, un mix perfetto di uomini ed organizzazione tattica capace di rasentare la perfezione su ogni campo. Tre sconfitte, senza mai rinunciare a giocare, poi vittorie ottenute con rispetto dell’avversario, sempre sottomesso e mai sofferto. Il tutto esprimendo calcio, identità, mentalità. In poche parole questa squadra ha un’anima, ha una conformazione precisa, sa quel che fa ed è consapevole della propria forza. Probabilmente, per molti, il Napoli più bello degli ultimi trent’anni per modo di giocare. La cosa più importante era acquisire una forma, trasformare una idea in un fatto. Sarri, da buon demiurgo, ci è riuscito.
CONSAPEVOLEZZE – Tante, veramente. Il Napoli ha capito la sua forza, ha fatto i conti con le avversarie e si è reso conto di non essere inferiore a nessuno. Rispetto, mai paura. Arrendevolezza nemmeno per sogno, senza mai mollare ed inseguendo, costantemente, la vittoria. Poi gli azzurri hanno fatto i conti con la sfortuna: una beffa, quel tiro deviato di Zaza. Freddo, come il vento gelido che accarezza la pelle nelle mattine di inverno. Eppure utile, in qualche modo: per migliorare alcuni aspetti perché, per il futuro, si può solo far sì che gli errori praticamente si limitino allo zero, che la concentrazione, se è già alta, deve esserlo ancora di più. Tanti dettagli, anche piccoli, che possono essere migliorati. E, conoscendo chi lavora dalle parti di Castel Volturno, nulla sarà lasciato al caso, nemmeno la sfumatura apparentemente più insignificante.
SQUADRA – Il termine che più si addice agli azzurri. Non singoli individui, ma un collettivo. Mai come quest’anno si è creata una sinergia totale tra tutti gli uomini della rosa, in campo ed anche fuori, come testimoniano video, immagini e quant’altro. Si vince insieme, si perde insieme. Non esiste una sola persona, ma il gruppo. Non conta il nome del calciatore, per quanto grande ed importante, ma l’insieme, la totalità. I tre punti valgono più della gloria personale. In quest’annata ciò è stato evidente: il Napoli è diventato uno splendido coro, un insieme di uomini che hanno capito l’importanza di indossare quella maglia che fa battere tanti cuori nel mondo e che rappresenta non una squadra ma una cultura, una storia, una tradizione che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Una priorità per i giorni che verranno: provare a trattenere con le unghie e con i denti chi, come Higuain, sposta gli equilibri. Ed investire poi su quanti possano entrare, a pieno merito, nell’orchestra azzurra.
AMBIENTE – “Napoli è una piazza difficile” – classica frase che si sente ormai ovunque, vera peraltro, croce e delizia, motivo anche di orgoglio. Perché Napoli non è una piazza qualunque, anzi è la piazza per eccellenza. Si vive per la squadra, si vive per quella domenica al San Paolo, quando sogni, ambizioni, amore e attaccamento confluiscono sugli spalti per spingere gli azzurri alla vittoria. E l’ambiente, finalmente, rema in una unica direzione, al fianco di una squadra che ha sudato e conquistato la gloria e la stima di tutti, in particolar modo dei propri supporters. Perché anche il più severo dei tifosi non potrà non ammettere che gli azzurri hanno prima di tutto dimostrato attaccamento alla maglia e alla città. Simbiosi perfetta, come ricorda, ogni volta, quel “Un giorno all’improvviso”, un coro d’amore che racchiude alla perfezione il rapporto che si è creato tra squadra e tifosi, veramente encomiabili, vero valore aggiunto, dodicesimo uomo in campo a tutti gli effetti. Perché le grandi vittorie, i grandi progetti, si costruiscono con solidità ed unione. E, anche nella sconfitta, si festeggia comunque.
Il futuro è oggi. Perché questo Napoli guarda al presente ma soprattutto al domani, a quel che verrà, consapevole di aver trasformato quello che doveva essere un anno di transizione in una ottima base per i prossimi tempi. Inseguendo grandi risultati, per crescere sempre più, sognando un domani di vittorie ancora più importanti di quelle ottenute. E, in fondo, tutti sanno che quel giorno arriverà. Magari all’improvviso, come sanno quei sei milioni di cuori azzurri sparsi nel mondo, che dal nulla, si innamorarono di due colori. I più belli.
GENNARO DONNARUMMA
Articolo modificato 28 Mar 2016 - 04:08