Disparità. Gli arbitri, gli episodi, la fortuna, la maturità. Tutto è impari, tutto pende sul lato bianconero della bilancia. Troppe componenti nella corsa del Napoli sono estranee alla sua volontà, incognite trasparenti che intralciano il cammino. Ma prima che questo mostro misterioso intimasse l’”altolà!”, il Napoli avrebbe dovuto svoltare e infilarsi in una scorciatoia che ben conosce: le sue qualità. La forza capace di abbattere ogni potere, precostituito o meno. Anzi, può farlo ancora. Uscire dal tourbillon mediatico e lottare per ciò che merita. Non è finita.
A Udine è andata in scena una squadra stanca, forse anche rassegnata dal passo inarrestabile della Juventus. Nervosa, costantemente sotto pressione, ha mostrato di aver esaurito quelle energie che preservano l’integrità mentale sul lungo termine. Certo è che ancora una volta le stelle ci hanno sghignazzato alle spalle: due rigori contro, un gol regalato a quindici secondi dal riposo, la chiacchieratissima espulsione del Pipita. E’ vero che c’è una bella fetta di responsabilità da assumerci in questo harakiri, ma da quella maledetta deviazione dell’Olimpico all’88’ tutti gli episodi hanno deciso di girarci contro. Sempre in affanno, sempre a rincorrere, sempre a dover riparare anche un unico strafalcione. Quel cross di Pina in Napoli-Villarreal, nelle pieghe di un calendario tutt’altro che amico, è l’autentica parabola che delinea gli ultimi mesi azzurri.
Mentre sulle sponde rivali, al di là di inconfutabili meriti, la buona sorte ha elargito enormi sorrisi. Gli innumerevoli 1-0 partoriti dai bianconeri sono sintomo di solidità e cinismo, ma anche di varie circostanze favorevoli. I fatti del derby sono risaputi, ma anche lo spreco di Saponara a due passi da Buffon è da considerare un indizio eloquente. Gli stessi che accompagnano la rinascita della Roma, tirata su con i capelli dalla melma grazie all’operato di Spalletti, ma agevolata inizialmente da una serie di gare abbordabili che hanno restituito innanzitutto ossigeno e punti. I dettagli che fanno la differenza, spesso dimenticati nel vortice degli accadimenti ma incredibilmente determinanti quando si lotta punto a punto.
Dettagli a volte impercettibili come quelli arbitrali. A scatenare i moti di ribellione, tuttavia, è la fastidiosa puntualità. La mano tesa nel momento del bisogno solo ad una particolare elite. Il fuorigioco di Maxi Lopez quindici giorni fa era millimetrico, così come quello di Gabbiadini dopo qualche ora contro il Genoa. Le rimostranze non soggiornano in queste quattro anguste mura. E’ la gestione complessiva del regolamento, dei cartellini, del rapporto con i calciatori in campo e perfino delle simpatie/antipatie con le alte sfere a innestare il seme dei cattivi pensieri. Perpetrato e confermato negli anni, dai fatti. Innaffiato con l’acqua dell’invidia per i più forti, indubbiamente. Una bravura che però non deve necessariamente sfociare in arroganza e prevaricazione. Questi sono polveroni che la SSC Napoli dovrebbe sollevare nelle sedi prestabilite, inveendo contro un giudice “sbadato” invece di scagliarsi contro le bombe di Bargiggia. La SSC Napoli. Una società sportiva priva di qualsivoglia organigramma. Con un presidente, padre padrone, puntualmente latitante o inopportuno nelle fasi più intricate. Mentre noi urliamo “al ladro, al ladro!” e continuiamo a divorarci il fegato.
Non esiste solo l’immutabile. Per fortuna, tra tante incognite, siamo ancora in grado di disegnare il nostro destino. E il Napoli, proprio quando appariva come il ritratto della bellezza pura, si è perso nelle sue incertezze e nella sua inesperienza. Maurizio Sarri con quella matita ha messo nero su bianco emozioni indescrivibili, ma non si era mai trovato nel bel mezzo di cotanta tempesta. La voglia matta della piazza e le continue frecciatine dall’esterno l’hanno consumato lentamente fino a farlo sbroccare. Troppe le polemiche futili, troppe quattro espulsioni, l’ultima dopo solo mezzora di un match decisivo. Il suo self control catapultato giù dal ring ha avuto ripercussioni sulla serenità dell’intero gruppo. L’insicurezza della fase difensiva e i frequenti errori dei singoli (a partire da Reina) non appartengono a quel giocattolo dai meccanismi perfetti. L’ira funesta di Higuain ha sempre trascinato con sè pro e contro; tutti pollici versi, invece, per le involuzioni inspiegabili di gente come Lorenzo Insigne e Raul Albiol.
Che fare ora? Inginocchiarsi e piangere per l’occasione persa e i soprusi dei potenti? No. Isolarsi è una buona idea, abbandonare i complotti e concentrarsi sul calcio giocato. Emiliano Liuzzi, penna acuta e anticonformista de “Il Fatto Quotidiano” scomparso improvvisamente martedì notte, affermava: “Puntare all’orizzonte e cercare di sollevarlo con un piede di porco”. La realtà è ora, calcoli e rimpianti lasciano il tempo che trovano. C’è un campionato fantastico da onorare fino in fondo, qualsiasi esito abbia. Dimostrando agli scettici il valore del gruppo, seppur privato del suo condottiero. Sarebbe un insulto mollare le redini dopo aver inorgoglito un intero popolo. Due pesi, due misure, due parole: combatti Napoli!
Ivan De Vita
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Articolo modificato 7 Apr 2016 - 19:28