Sei anni a Napoli vivendo a pieno l’esplosione del progetto partenopeo. Cinque stagioni in prima linea per Riccardo Bigon alle pendici del Vesuvio. Arrivato insieme a Mazzarri sancendo la chiusura a doppia mandata dell’era Marino, l’attuale diesse del Verona è stato protagonista delle annate più importanti della storia recente azzurra. Il ritorno al San Paolo, dunque, non può rappresentare una domenica qualsiasi. Anche se le ragioni di classifica premono, prioritarie.
Il primo titolo dopo vent’anni, le affermazioni bissate con Benitez arricchendo la bacheca azzurra di altri due trofei. Lo storico secondo posto e le cavalcate in Champions ed Europa League. Ricordi indelebili figli di un lavoro, nei pregi e nei difetti, probante. Portato avanti con i suoi collaboratori Micheli, Zunino e Mantovani.
Grandi colpi, innesti intelligenti – del resto l’ossatura dell’attuale gruppo è anche opera sua – ed uscite a vuoto. Ed il rapporto con il presidente Aurelio De Laurentiis che cominciò a scricchiolare, logorato, proprio lo scorso anno, troppo vicino al tecnico mentre, di converso, avrebbe dovuto spalleggiare la società nel confronto con Rafa Benitez. L’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, approfondisce i segnali d’addio dell’ex dirigente azzurro: l’ultima goccia fu l’assalto a Valdifiori, portato avanti esclusivamente dal patron senza l’ausilio del proprio direttore sportivo. Biglietto solo andata per Verona ed addio. E dire che nel frattempo proprio la dirigenza scaligera aveva provato a sondare la disponibilità di Sarri e Giuntoli. Un intreccio di destini a confronti e, senza forse, è stato meglio così.