Una condanna di un anno, con pena sospesa, a margine di uno dei più grandi scandali della storia del calcio italiano: Calciopoli. Una ferita ancora sanguinante nell’integrità del panorama calcistico del belpaese. L’ex fischietto Massimo De Santis, torna a parlare e lo fa con un’ampia intervista per le colonne del Corriere dello Sport.
Ecco quanto evidenziato da SpazioNapoli: “Le prime sensazioni in quei giorni? Torno a casa da Juve-Palermo (7 maggio, ndr), avevano mandato me perché già avevamo letto i dialoghi fra Moggi e uno dei nostri ex designatori, Pairetto. Il giovedì precedente, a Coverciano, si era posto il problema, io ero quello che doveva andare ai Mondiali, per questo l’allora disegnatore, Mattei, scelse me. Davanti la tv, alla Domenica sportiva, cominciarono i primi dibattiti, pensavo però fosse più una cosa mediatica. E non avrei immaginato di vedere i Carabinieri a Coverciano. Ci radunarono tutti in aula magna, quella dove si facevano i sorteggi, e ci chiamarono, a uno a uno, per consegnarci l’avviso di garanzia. Lavorando a contatto con i magistrati al Ministero di Grazia e Giustizia come commissario di polizia penitenziaria, capii subito che non c’era sostanza in quella storia. Avevo visto gli arbitri, soprattutto i più giovani, disorientati, anche quelli che non erano coinvolti. Non si sapevano i confini. Io, invece, non avevo paura, ero solo arrabbiato, molto. Quale arbitro che aveva preso un avviso di garanzia sarebbe andato al Mondiale? Avevo capito che avevo finito”
E sugli strascichi attuali e personali: “Cosa è cambiato? Nulla. Il calcio aveva allora e conserva oggi dei lati oscuri. Ma non c’entrano arbitri e partite, anche se ad ogni errore di un arbitro, ancora adesso, si teorizzano chissà quali manovre. Il vero problema è nei conti, nelle questioni economiche, nelle plusvalenze che stanno rovinando tutto. La nostra serie A, paragonata a quella del pre-Calciopoli, è poca cosa. Anche da un punto di vista arbitrale. Prima, per collezionare 100 gare in serie A, dovevi sudare sei, sette, otto anni. Adesso, in quattro anni sei a posto: anche se sbagli, la domenica dopo arbitri. Cosa mi ha lasciato? Un’esperienza. Le accuse che ci rivolsero non erano di grande conto, ma penso a chi viene accusato di droga, omicidi, ed invece non c’entra nulla. E poi tanti volti e persone amiche, come il mio compagno di viaggio, l’avvocato Paolo Gallinelli, sempre al mio fianco”
Articolo modificato 9 Apr 2016 - 12:51