Home sweet home. Spaesato e a tratti dissoluto nelle sue peregrinazioni in giro per l’Italia, il figliol prodigo Napoli rinsavisce quando torna tra le mura amiche. Dal 1987 non si ricordano punteggi di una tale ampiezza. Da molto meno, ma abbastanza per far deragliare il treno scudetto, gli azzurri non mostravano invece la compattezza con cui hanno stritolato i felsinei. E quella voglia di divertire e divertirsi che è stata il fulcro di quest’annata piena di soddisfazioni. Anche se, ad onor del vero, a godersi lo spettacolo c’erano fin troppi sediolini vuoti.
14 vittorie al San Paolo in 17 incontri, 3 i pareggi. Un’imbattibilità interna che non ha eguali in serie A, conquistata a suon di gol e rimonte. Le lussuose geometrie nate con l’avvento di Sarri trovano la loro migliore esecuzione quando si va in scena a Fuorigrotta, dove si impone la legge del dodicesimo uomo in campo. Coccolato dai suoi sostenitori, il Napoli sfodera una padronanza dei propri mezzi e una forza caratteriale che recentemente latitano nelle gare esterne. Un cordone ombelicale da staccare al più presto se si vuole diventare grandi. Tuttavia, svanito ormai quasi definitivamente il sogno tricolore, il fortino al centro di mille polemiche in merito al suo restyling ha iniziato a svuotarsi in maniera piuttosto repentina e prematura. Il turno infrasettimanale, si sa, è sempre un po’ indigesto ai tifosi. Ma comprendere e apprezzare il piccolo miracolo di questo gruppo, comunque vadano le cose, sarebbe un ulteriore segnale di maturità della piazza. Da quel “giorno all’improvviso” si ama incondizionatamente, senza chiedere nulla in cambio.
Pian piano, con il cuore che pompa sangue azzurro, l’amore folle trascina verso la dipendenza. Dai colori, dalla passione, ma mai dai singoli calciatori. Gonzalo Higuain è chiaramente visto come il nuovo messia. L’exploit di quest’anno ha accentuato le solite discussioni da bar: cosa sarebbe il Napoli senza il suo Pipita? Una Barbie senza la sua lunga chioma bionda, un’alba senza la luce del sole, una farfalla incapace di battere le ali? Non esageriamo. Qui l’unica esagerazioni rimangono i suoi 30 gol in 31 partite. Come il caffè del mattino, come si può fare a meno? Gli occhi non si aprirebbero. Gonzalo è l’aroma profumato, ma nella cialda c’è tanta sostanza. Lo strapotere di Koulibaly, un centrocampo che semina e raccoglie, il Capitano reinventato, la verve dei folletti Insigne e Mertens, l’onnipresenza di Josè Callejon. Il Napoli è tutto questo e molto altro. E’ la vendetta silenziosa dei gregari bistrattati e tanto umili da meritare sempre spazio sul palcoscenico. Il broncio di Gabbiadini, per farvi un esempio, è a quota nove reti finora. Un suggerimento agli scettici: allontanatevi leggermente da questa tela e ammiratela a distanza. Le facili deduzioni non appartengono alla vera arte.
Pennello e berretto da pittore sanno un po’ di caricatura, eppure Maurizio Sarri li merita tutti. I suoi colori, però, dovranno illuminare anche il Napoli versione trasferta. Non male a dire il vero fino al maledetto crocevia dell’Olimpico di Torino. Da allora una squadra il più delle volte sterile, vittima di una crisi di nervi o semplicemente scarica. In realtà, dando un’occhiata alle statistiche, impressiona un dato: 5 sconfitte e 2 pareggi nelle partite fuori casa dove si è dovuto affrontare una situazione di svantaggio. Un questione mentale, innanzitutto. Ma anche un abito da ridefinire a seconda dell’avversario e delle proprie qualità, magari contravvenendo ai propri principi. Il mister lo sa benissimo e sicuramente alternerà la tuta grigia a quella rossa, pur replicando i capricci di martedì sera. Manca davvero poco. Le leggende di un altro Olimpico sono tornate a ruggire. Non si ammettono paure. Ora sappiamo come “deviare” il nostro destino.
Ivan De Vita
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