Tre aprile, Udinese-Napoli. Gli azzurri crollano clamorosamente al Dacia Stadium e dicono addio al sogno scudetto. Nel finale l’ormai nota espulsione di Higuain, la successiva reazione del Pipita ed un terribile presentimento. Subito dopo il match Maurizio Sarri parla ai microfoni delle pay tv e presenzia in conferenza. Situazione apparentemente tranquilla.
Il martedì seguente arriva la decisione del Giudice sportivo: quattro giornate di squalifica. Una mazzata. La società partenopea si chiude subito in un profondo silenzio. Da allora – ben 18 giorni fa – Maurizio Sarri ed i giocatori azzurri non parlano più.
“È una decisione che abbiamo preso con il nostro legale Mattia Grassani per evitare eventuali condizionamenti della Corte d’Appello Sportiva. Siamo in silenzio stampa fino alla sentenza”, spiega Aurelio De Laurentiis durante la presentazione del ritiro di Dimaro, interrompendo così, per la prima ed unica volta, il mutismo del club.
Ma dopo la riduzione della squalifica da quattro a tre giornate non cambia nulla. Un comunicato – deciso ed amareggiato – traccia i contorni dell’umore in casa Napoli.
Prima della sfida al San Siro con l’Inter salta ancora la conferenza di Sarri. Nessuna motivazione ufficiale. E così sarà anche nel post gara, dopo un arbitraggio molto contestato ed un altro boccone difficile da digerire.
Con il Bologna, poi, un silenzio che stona con una prestazione straordinaria ed in generale con una stagione positiva e per certi versi davvero inaspettata. Un silenzio che stona con un ambiente mai come quest’anno compatto.
Una scelta che sembra ricalcare quella dello scorso finale di stagione quando De Laurentiis – come spesso è accaduto (ed accade) nei momenti difficili – impose il silenzio stampa sino all’ultima gara in casa con la Lazio. Era una situazione molto diversa da quella attuale e quel silenzio non pagò. Perché fare lo stesso?
Andrea Gagliotti
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