“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorso” – parola di Martha Medeiros. Se l’incipit di questa bellissima poesia venisse relazionato al rendimento in trasferta del Napoli, nell’ultimo mese e mezzo, tutto tornerebbe. Il Napoli, sconfitta di Roma a parte, in trasferta rischia di buttare una stagione vissuta, almeno per otto mesi, in un continuo alternarsi di emozioni e passione. Troppo, troppo brutto perdere così. Ancora una volta sono quelle ultime partite che rischiano di compromettere tutto quanto fatto di buono in mesi di entusiasmo e duro lavoro, in mesi in cui un progetto nascente si è dimostrato subito realtà, in cui un tecnico, alla sua prima panchina in un top club, ha dato identità e carattere ad un gruppo di giocatori. Abbiamo elogiato tutti il Napoli e lo continueremo a fare: comunque vada questa squadra merita solo applausi a scena aperta, come a teatro, perché lo spettacolo offerto è valso sempre, e comunque, il prezzo del biglietto. Rimpianti e rimorsi sono due concetti diversi, ma in alcuni casi complementari. Il Napoli rischia, veramente, di provarli entrambi nel prossimo futuro. E di pagarne tutte le conseguenze.
A ROMA, COME A TORINO – 89′ di Juventus-Napoli, ci pensa Zaza. 89′ di Roma-Napoli, tocca a Nainggolan. Cronistoria di un film già visto, un boccone troppo amaro da digerire, un pugno troppo forte sul viso, una botta alla testa che, dopo Torino, ebbe le sue gravi conseguenze: dopo Roma non dovrà succedere. All’Olimpico come allo Stadium, il Napoli ha spento la lampadina e nonostante una partita sostanzialmente dominata, torna a casa senza punti e mettendo a serio rischio la qualificazione al secondo posto. Sfortunati, a Torino. Sconfitti immeritatamente, a Roma. Ma la storia non si scrive con le ipotesi, con i se e con i meriti: non sempre vincono i più forti, non sempre vince chi gioca meglio e sottomette l’avversario. Triste ma dura verità: ne è dimostrazione palese la sfida contro i giallorossi, capaci di evidenziare ancora una volta i limiti degli azzurri, a livello di mentalità. Abbassare la guardia significa morire, per gli azzurri. Tutto fa esperienza, tutto può tornare utile a patto che si faccia tesoro di tutto ciò. Nei momenti decisivi qualcosa si ferma: tra lo Stadium e l’Olimpico si sarebbero dovuti raccogliere almeno due punti ed invece si torna a Castel Volturno carichi di rabbia per aver perso ancora una volta.
FANTASMI DAL PASSATO – A volte ritornano, prepotenti, bastardi, incuranti dei sogni, freddi e cinici: sono i fantasmi di un passato non troppo lontano. Il secondo posto è ancora lì, così come lo era il terzo posto la scorsa stagione: serviva una vittoria con la Lazio e nelle ultime tre giornate il Napoli raccolse tre punti miseri: di fatica, contro un Cesena già retrocesso, prima di perdere con la Juventus già campione e poi con i biancocelesti, per salutare così mestamente il biennio Benitez. Non è malaugurio, semplicemente la realtà dei fatti che torna a galla. Calendario alla mano, il Napoli è atteso da tre partite semplici, sulla carta, o almeno non impegnative come quelle della Roma che, inoltre, giocherà una sola gara (contro il Chievo) tra le mura amiche. Ma le gambe e, nella fattispecie la testa, giocano brutti scherzi in certe situazioni. Talvolta è meglio non darle per scontate le cose, si rischia di smarrirsi e, sul più bello, questo Napoli non può permetterselo.
LA PARTITA PIÙ DIFFICILE – A Castel Volturno, quando gli azzurri si guarderanno negli occhi, si renderanno conto subito che la partita più difficile comincia oggi. È quella che il Napoli dovrà giocare contro se stesso, contro i suoi fantasmi, contro le sue (infondate) paure. Come si dice nel capoluogo partenopeo “uocchie chine e mane vacante”: questo Napoli può essere bello, e lo è. Può divertire, e lo fa. Può essere forte e vincente ma non può correre più il rischio di chiudere la stagione a mani vuote, con un terzo posto che saprebbe di sconfitta: è bene che gli azzurri resettino tutto e ripartano da dove sanno, dalle certezze che hanno, perché stamattina comincia un altro campionato: nove mesi che si decideranno in tre giornate, quanto è beffarda la sorte? Ciascuno è artefice della sua e questo Napoli dovrà agire così: per crescere, definitivamente. Per non vivere più di rimorsi e rimpianti. È l’unica strada per diventare davvero grandi.
Articolo modificato 26 Apr 2016 - 17:42