Il futuro è adesso. Frase fatta, forse si, forse no ma è, indiscutibilmente ed universalmente, valida nella vita come nello sport, più che mai nel calcio moderno, dove ciò che avviene in campo non è più legato al calciatore in sé e per sé ma a tutto quel che lo circonda, a partire dall’allenatore e finendo con la società. Il campionato italiano ormai ha espresso il suo verdetto: Juventus, meritatamente, campione d’Italia. Seguono Napoli e Roma , divise da due punti, e per le quali saranno decisive le prossime tre gare. Nonostante tutto, la nuova stagione 2016-2017 è già cominciata. Non in campo, sul mercato.
L’estate sta arrivando, poche settimane per resettare tutto e poi si riparte: tre, intensi mesi di trattative, incontri, speculazioni, chiacchierate. Tre mesi in cui diciannove club di A proveranno a ridurre il gap dalla Juventus che è a tutti gli effetti il club più forte del campionato, per valori in campo e fuori. E proprio i bianconeri stanno per piazzare il primo colpo: André Gomes, obiettivo del Napoli, arriverà in Italia ma al posto del Vesuvio prenderà casa sotto la Mole.
Poi è la volta della Roma, che ha raggiunto l’accordo con Martin Caceres che dunque vestirà, salvo clamorose sorprese, di giallorosso ed era, anch’egli, un obiettivo degli azzurri tant’è che il suo agente, Daniel Fonseca, è passato più di una volta dalle parti di Castel Volturno.
Poi Klaassen, a lungo inseguito, ha dichiarato di voler restare ad Amsterdam, con la maglia dell’Ajax. E il Napoli, cosa fa? E, soprattutto, cosa sta succedendo al mercato dei partenopei? Le trattative, si sa, non si fermano mai e magari qualcosa bolle in pentola ma la realtà dei fatti oggi è questa: la prima e la terza della classe si muovono, con netto anticipo, la seconda sta a guardare. Viene spontaneo dunque chiedersi in cosa pecca, ancora, il Napoli? Cosa sta succedendo al mercato azzurro che, dopo anni, decolla sempre con qualche settimana di ritardo?
I CONTI – Ed ecco che torna, prepotente, il discorso fatturato. Ha il suo peso, è fuori discussione, ma non è tutto. Il Napoli batte tutti sul discorso fair play finanziario, ma i soldi poi vanno investiti. André Gomes, ripetiamo, va a Torino per una cifra esorbitante che la Juve sborsa, convinta di rinforzarsi ed aumentare la competitività, senza indebolirsi. Il Napoli guarda alle casse con troppo zelo: pochi milioni hanno fatto slittare acquisti che avrebbero aumentato il valore e la forza della rosa: basti pensare a quanti, negli anni, sono stati accostati al club di De Laurentiis e poi sono rimasti nelle rispettive squadre o finiti altrove: Kramer, Mascherano, Janmaat, Fellaini, Sala, Soriano, Astori, Saponara, in una lunga lista che continua all’infinito. Va bene guardare alle casse, in fondo, i successi del club vengono proprio da una situazione finanziaria ottimale. È un grande merito del presidente De Laurentiis: ha riportato il Napoli a nuova vita, poi in Champions, poi ad un passo dal sogno scudetto, il tutto in un lasso di tempo tutto sommato breve, se si considera il fallimento nel lontano 2004. Ma poi, quel passo in più, quello più lungo della gamba, non è stato mai fatto. Ed il Napoli, economicamente, avrebbe potuto e potrebbe. Snellire i contratti, essere meno fiscali sui diritti TV, avvicinare l’offerta alla domanda per acquistare un calciatore di sicura prospettiva. Anche in questo caso, il problema sta a monte ed è da rintracciare negli introiti. La Juve, lo scorso anno, ha fatturato 328 milioni, contro i soli 132 del Napoli. E come? Di certo non vendendo i suoi pezzi migliori ma sfruttando le risorse: Juventus Stadium, capace di portare ricavi per cinquantuno milioni: al Napoli serve uno stadio di proprietà; marketing, con sessantotto milioni, diritti TV per centonovantacinque milioni, il tutto da sommare ai cento milioni del percorso in Champions, culminato con la finale poi persa contro il Barcellona. Dunque è quantomai decisiva la qualificazione diretta nell’Europa che conta: le casse del Napoli vedrebbero entrare fior fiori di quattrini utili per una campagna acquisti all’altezza. Eppure quaranta milioni risulterebbero una cifra proibitiva: si entra dunque in un circolo vizioso da cui è difficile, quasi impossibile uscire. E non si riduce nessun gap, in questo modo e, di conseguenza, non si vince mai veramente qualcosa di importante.
OBIETTIVI – Ogni anno una sorpresa. In questa stagione nessuno si aspettava un Napoli nelle prime posizioni, probabilmente nemmeno all’interno della società stessa eppure ecco che Higuain e compagni si giocano l’accesso diretto in Champions, dopo aver accarezzato lo scudetto per qualche mese, prima di soccombere nel febbraio di fuoco e, successivamente, nel disgraziato mese di aprile. Occorre chiarezza anche su questo punto: ci vuole decisione, occorre fermezza e bisogna ragionare in base alle reali possibilità: se si costruisce una squadra per l’Europa League, si deve andare in Europa League (ed in quel caso ne risente il mercato, n.d.r); se si costruisce una squadra da Champions, l’obiettivo minimo è la Champions; se si costruisce una squadra da scudetto, è lecito attendersi una lotta fino alla fine per il tricolore. Ma non a caso, e torniamo a quanto detto sopra: con programmazione, con coordinazione, guardando alle risorse interne, esterne ed investendo. Non si decide di andare in Europa a gennaio, ma a luglio. Non si decide di investire il 31 agosto, ma il 30 giugno, se non prima.
CHIAREZZA – Quel che servirebbe, più spesso, è chiarezza. Nei confronti dei tifosi, nei confronti di una piazza che altro non chiede che vincere, ora che i tempi sono maturi. E si vince con i migliori in campo e fuori: si vince con calciatori e società, dirigenti, staff. Si vince programmando, dando continuità ad un progetto, pensando al domani mentre si vive ancora la giornata. Così cresce, così si alimenta un società. Se si punta ad una Ferrari, non si può ottenere una Cinquecento: è un dato di fatto. Né tanto meno si può pensare di passare da un giocatore di prima fascia ad uno emergente. Mentre le altre si muovono, il Napoli resta a guardare e le domande, con le incertezze, aumentano. Basterebbe poco, davvero poco per l’ultimo e definitivo salto di qualità. È l’unica cosa che sogna una piazza stanca di arrivare sempre seconda.
Gennaro Donnarumma
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Articolo modificato 29 Apr 2016 - 16:23