Quel pallone messo dentro per Higuain è stato da pelle d’oca. Morbido, docile. D’una bellezza disarmante, di un’efficacia impressionante. Hamsik è tornato: e il San Paolo, semivuoto, se n’è accorto e l’ha applaudito. Dopo un paio di uscite a vuoto, il suo sorriso era ciò di cui Sarri e la piazza avevano bisogno. Giusto in tempo, sì.
IL RUSH – Giusto in tempo per cosa? Ma per il rush finale, chiaro. Ora che la Roma spinge, in tutti i modi e in tutti i luoghi, il Napoli non può più permettersi passi falsi. Né dietro, né avanti. E ancor meno, poi, nel mezzo. Dove per tutto il campionato ha saputo dominare in termini di pressing, di garra e di gioco puro. Jorginho, con l’Atalanta da alti e bassi, si è spesso sentito protetto da un Allan versione extraterrestre. Ma è stato con questo nuovo, vecchio Hamsik che Sarri ha potuto scrivere una nuova pagina della storia azzurra.
NEW MAREK – Cos’è cambiato? No, non è questa la domanda. Semmai, ci si dovrebbe interrogare su quanto sia cambiato: in tutto, e in meglio. Perché è diventato fenomenale negli inserimenti, per i quali qualcuno dovrebbe già prevedere una cattedra universitaria da affidargli; si è superato nella tenuta fisica, perché davanti e indietro ora va ch’è un piacere; ha saputo trasformarsi in freddo e spietato bomber sotto porta, spegnendo le paure e l’ansia dell’inconcludenza. E no, non è mai stato fuori in campionato: capitano e leader vero, con una buona parte di sorte al suo fianco.
LETARGO – Di tanto in tanto, ecco il crollo. Fisico e psicologico, specialmente in trasferta. Con l’Atalanta no: Hamsik c’era, ha giocato, ha dato spettacolo. Di serpentina e di tocchi dentro, come quello per il Pipita: nel quale c’era tutto Marek. Bravo, caparbio, significativo. Una risposta alle ultime critiche, quindi anche al campionato: il Napoli non molla, con esso il proprio capitano. È bastato un assist per risvegliarsi: adesso occorre il secondo posto per non farsi divorare dai rimpianti.
Cristiano Corbo
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Articolo modificato 3 Mag 2016 - 00:55