I tifosi del Napoli sono particolari. Perché ciò che si dice, a volte per comodo, in altre piazze, qui vale davvero. La coerenza è l’unica strada da seguire. Non bisogna essere per forza Maradona, Careca, Cavani o Higuain, giusto per citare alcuni tra i calciatori più forti della storia azzurra passata e recente; si può anche avere una tecnica limitata e non essere fortissimi. Purché si sia Uomini, con la U maiuscola. É l’unica pretesa che hanno davvero i tifosi azzurri. E chi ha frequentato un po’ la curva, lo sa bene: esiste un canovaccio da seguire, che come prima cosa non prevede mai il rinnegare la maglia che si è indossato. Perché quella maglia rappresenta molto di più di una semplice casacca da gioco. É il simbolo di una città, che intorno al Napoli si stringe, che lotta e che soffre. Che raramente vince, ma che sa perdere anche con una dignità che non ha eguali.
Ecco perché Walter Gargano è stato preso di mira l’anno scorso dai tifosi. Che fischiavano il suo nome ogni qual volta lo speaker leggeva le formazioni, che esposero finanche uno striscione, senza nemmeno scrivere il suo cognome (troppa grazia), ma semplicemente il numero che indossava: “77 togliti la maglia”. Dovette intervenire Rafa Benitez, chiedendo ai sostenitori del Napoli di evitare questa protesta nei suoi confronti, perché Gargano in quel periodo era diventato (di nuovo) un punto fermo del Napoli, e per quanto dimostrava in campo non meritava offese.
Cosa era successo per determinare questa situazione? Semplice. Basta andarsi a rileggere le dichiarazioni con cui Gargano si era presentato all’Inter qualche anno prima. Nell’estate del 2012, dopo cinque anni e 165 presenze con il Napoli, si concretizzò il trasferimento in nerazzurro, anche se in prestito. “Era il mio sogno da sempre. Pensate che, da bambino, ero talmente tifoso dell’Inter che prendevo sempre la squadra nerazzurra quando giocavo alla Playstation”. Fino a qualche settimana prima, era – almeno sembrava – un giocatore innamorato del Napoli. Che il lavoro aveva portato altrove, e fin qui nulla da ridire; ma quelle parole sembrarono davvero fuori luogo.
Dopo due stagioni vissute tra alti (pochi) e bassi (molti) tra Milano e Parma, il ritorno in azzurro. Ancora 24 presenze l’anno scorso, e poi la cessione, a titolo definitivo, ai messicani del Monterrey. Un addio consumato senza troppo dolore, ma evidentemente rancoroso, almeno da parte di Gargano. Che oggi, in quell’intervista alla radio messicana RG La Deportiva (clicca qui per leggere), si è sfogato contro Napoli ed i napoletani. Arrivando a raccontare anche particolari importanti della vita da spogliatoio. E facendo, in buona sostanza, una figura piccola piccola.
Perché Gargano dimentica forse ciò che Napoli gli ha dato. La fama, il successo, ottenuti grazie al suo duro lavoro certo, ma anche al fatto di giocare in azzurro, con una cassa di risonanza notevole in Italia e nel Mondo. Grazie al Napoli è stato protagonista in Nazionale. Grazie al Napoli ha potuto concedere quell’intervista da semi dio in un canale radiofonico messicano. Senza i suoi trascorsi in azzurro, oggi in pochi lo conoscerebbero. Sarebbe bastato un grazie. Anzi, nemmeno: semplice indifferenza. Ma quello che ha detto invece, è una pugnalata al cuore che Napoli non merita. Caro 77, ora la maglia azzurra l’hai tolta davvero per sempre.
Vincenzo Balzano
Twitter: @VinBalzano
Articolo modificato 4 Mag 2016 - 22:23