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Un giorno, ai miei figli, racconterò di questa stagione: mozzafiato, strepitosa. 

Un giorno, ai miei figli, racconterò di Sassuolo-Napoli, Napoli-Sampdoria ed Empoli-Napoli: un inizio da brividi. 

Un giorno, ai miei figli, racconterò della manita alla Lazio: la svolta. 

Un giorno, ai miei figli, racconterò della vittoria sulla Juve e dello 0-4 al Milan: pelle d’oca. 

Un giorno, ai miei figli, racconterò del primo posto in classifica: dopo Diego era stato un miraggio. 

Un giorno, ai miei figli, racconterò del “campioni d’inverno”: ma chi se ne frega se poi è solo un modo di dire.

Un giorno, ai miei figli, racconterò dei record stracciati, di una cavalcata straordinaria, di un gruppo unico. 

Un giorno, ai miei figli, racconterò di Bologna, di Torino, di Roma: perché gli schiaffi, nella vita, a volte servono.

Un giorno, ai miei figli, racconterò di undici leoni, in campo e fuori, sempre pronti a dar tutto per la maglia.

Un giorno, ai miei figli, racconterò di Maurizio Sarri: condottiero, demiurgo, uomo semplice, esempio di vita.

Un giorno, ai miei figli, racconterò di uno slovacco diventato napoletano: quanto è bello il nostro capitano? 

Un giorno, ai miei figli, racconterò di Higuain: il fenomeno, la storia, come Nordahl, più di Nordahl. Epico. 

Un giorno, ai miei figli, racconterò di un San Paolo tornato, prepotentemente, ad essere dodicesimo uomo in campo.

Un giorno, ai miei figli, racconterò di gente che si è emozionata: essere tifosi del Napoli è troppo, troppo bello. 

Un giorno, ai miei figli, racconterò di una pazzesca qualificazione in Champions League, di quell’urlo, di quei brividi che solo il colore del cielo può suscitare. Grazie, sinceramente grazie. 

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Articolo modificato 15 Mag 2016 - 01:58

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