Un record finito dritto negli annali e la qualificazione ai gironi della prossima Champions League. Dicono che festeggiamo per poco. Lo dice, soprattutto, chi da sempre festeggia per routine, non per passione. Come i prevedibili rintocchi di una campana nel giorno della festa del patrono: si udiranno ovunque, ancor di più se la piazza è semi-vuota. Il Napoli di Sarri stramerita l’euforia che lo circonda. Perchè è una nuova splendida vita in stato embrionale, apprezzata da tutti ecografia dopo ecografia. E non c’eravamo solo noi ad ammirare, se addirittura i penta campeones sono stati costretti a snaturarsi pur di affrontarci a testa alta. Ecco, a testa alta. Ne usciamo così. Con qualche rimpianto sì, ma tante emozioni vissute. Allora è il caso di inchinarsi e dire semplicemente “grazie”.
Grazie a Pepe Reina. Alle sue esultanze da ultras consumato, al suo carisma da vendere, alla sua capacità di cementare il gruppo nei momenti nebulosi. Sarà un’ottima chioccia per il futuro portiere azzurro. Qualche errore l’ha commesso, ma da qui ad invitarlo a ridimensionare i tweet e tornare a fare il suo mestiere è infamia pura. La parata su Miranda al 95’ di Napoli-Inter, in uno dei tanti snodi di questa stagione, è da antologia. Chi ama non dimentica.
Grazie a Elseid Hysaj. L’acerbo albanese verso il quale tutti hanno storto il naso all’approdo a Napoli. In poco tempo si è impossessato della fascia destra lasciando a Christian Maggio solo quella di capitano, relegando entrambi in panchina. Da perfetto scolaretto sarriano, non ha mai smesso di coprire e sfrecciare lungo la corsia, chinando il capo solo a serbatoio svuotato. Una sontuosa rivincita. Da un gommone ai cross per il Pipita, quanta strada è stata fatta. Ora, però, piedi per terra.
Grazie a Kalidou Koulibaly. Il K2 di ogni dirimpettaio, straripante sul piano fisico. Allunghi, rincorse, recuperi, duelli, salvataggi. Se il conto con la speranza è al verde, lui è il bancomat che può sbucare da ogni angolo. Ma è sul piano della concentrazione che ha mostrato notevoli miglioramenti. Il mister lo ritiene uno dei migliori marcatori a livello europeo, a patto che mantenga sempre il 100% della concentrazione. In caso contrario si espone ai suoi “5 minuti di cazzate…”, come disse senza peli sulla lingua nel famoso post di Napoli-Lazio.
Grazie a Raul Albiol. Ad un calciatore parso ormai in parabola discendente con la gestione Benitez. E’ tornato a guidare con tenacia ed esperienza la retroguardia partenopea, andando anche oltre i più rosei propositi. Dedizione e, in particolar modo, umiltà. Come può un ex campione del mondo oltre la soglia dei 30 anni ascoltare i suggerimenti di un ex bancario sulla postura corretta da adoperare in campo? Fantascienza. Beh, lui l’ha fatto. E, credeteci o meno, non se n’è pentito.
Grazie a Faouzi Ghoulam. Le sue sgroppate delle serate migliori generavano perplessità sul reale valore energetico dei famosi datteri algerini. Ha sempre litigato con le diagonali difensive e l’armonia della linea a quattro. Ai tempi del drone di Dimaro è addirittura finito in panca perchè ritenuto troppo distratto per essere ammesso nella nuova zip color argento. Poi ha schiacciato sul tasto “Play” e fatto valere il suo talento. E il fascino mediterraneo sul biondo hollywoodiano.
Grazie a Jorginho Luiz Frello Filho. Relegato ai margini e in lista di sbarco l’estate scorsa. Agnello sacrificale per lasciar spazio al pupillo Valdifiori trascinato da Empoli alle pendici del Vesuvio. E invece, finalmente in un centrocampo a tre, si è rivelato scintillante. Il vero metronomo della squadra, cuce e stira tutti gli abiti. La Terra attorno al quale ruota questo luminoso Sole tutto napoletano. Quando gli avversari l’hanno imbavagliato, tutti i meccanismi sono parsi inariditi. Un urlo di riscatto che riecheggia in tutta la penisola. E oltre. Fino in Francia.
Grazie ad Allan Marques Louriero. Fatica e qualità. Canta e porta la croce. Il termometro del tenore atletico dell’intero gruppo: quando il Napoli sembra pattinare in campo, il brasiliano distribuisce roller e monopolizza la pista. Dispendio di energie incalcolabile, non a caso la frenata di febbraio è coincisa con il suo calo fisiologico. Cuore pulsante dello scacchiere partenopeo, avrà bisogno di rifiatare più spesso per i ritmi vertiginosi sui quali danza. Di gran lunga il nostro punto esclamativo sulla campagna acquisti della scorsa estate.
Grazie a Marek Hamsik. Al capitano che ci sceglie ogni giorno da nove lunghissimi anni. Il cognatino Gargano proprio non se lo spiega questo amore che non cede alla corte degli interessi. 81 reti come un certo Diego, cascate di assist determinanti. La capacità di reinventarsi interno di centrocampo, limitando la propensione offensiva e incrementando il sacrificio. Il dito puntato contro ad ogni battuta a vuoto della squadra. Perchè non è un trascinatore, questo il tormentone. E’ vero, non lo sarà mai. Ma il fegato ingrossato basta come rimpiazzo. Incassa, in silenzio. Tanto è sempre il campo a rispondere per lui. Da nove lunghissimi anni. Su la cresta, giù il cappello.
Grazie a Josè Maria Callejon. Centinaia, migliaia. Non saranno mai abbastanza. Non copriranno certamente i chilometri percorsi dallo spagnolo tuttofare nelle gare giocate. In tre anni ha saltato solo quattro gare di campionato. Domandatevi come mai. Anello di congiunzione indispensabile, il suo ciuffo bilancia perfettamente le due fasi di gioco e regala equilibrio al giocattolo di Sarri. A volte poco lucido sotto porta, ma fin quando respira è un delitto privarsene. Rinnovargli la fiducia è innanzitutto un obbligo morale.
Grazie a Lorenzo Insigne. Il profeta che in molti vorrebbero lasciasse la sua patria per trovare fortuna altrove. Troppo testardo per ascoltarli. In doppia cifra sul tabellino marcatori, devastante in incisività per almeno tre quarti dell’anno. Un’involuzione negli ultimi mesi ma c’è sempre stato, anche se in sordina. E non ha mai perso la bussola, mai una parola fuori posto dopo la sceneggiata con annesse scuse alla sostituzione contro il Palermo a Fuorigrotta. E’ cresciuto il Magnifico. La maturità accostata al talento può diventare tritolo puro.
Grazie a Gonzalo Higuain. The Champion. Forse è poco, lo so. Eppure gli epiteti sprecati in questi giorni non rispecchiano la semplicità di questo ragazzo. Spesso falsi o di circostanza, perchè il 98% dei suoi adulatori odierni calpestava la sua dignità appena un anno fa. “Non è un vincente”, sostenevano. E’ un lottatore, invece. Da quando aveva solo 10 mesi. E chi lotta offrendo tutto sè stesso non può mai dichiararsi vinto. Allora grazie per aver polverizzato Nordhal con quella maglia addosso. Grazie per esserti innamorato di questa città e dei suoi difetti, grazie perchè l’hai cantato con noi sotto la curva. Resta a difenderla. “The Champioooons!”
Grazie a Dries Mertens, impiegato poco ma sempre dirompente a partita in corso. Titolare inamovibile in tante altre big, ha accettato con professionalità il ruolo di dodicesimo “titolarissimo”. Grazie a Manolo Gabbadini, che proprio non si aspettava un anno così. Ha segnato lo stesso, con medie altissime e col broncio. Amarezza comprensibile, ma l’assenza nei festeggiamenti di sabato sera si poteva evitare. I tifosi, principalmente loro, non hanno mai smesso di incitarlo. Grazie a David Lopez, incartato con una bella linguaccia nei confronti dei suoi detrattori. Non sarà un vice-Hamsik nè un vice-Allan, ma ha risposto all’appello ogni qualvolta è stato chiamato in causa senza mai demeritare. Le critiche per partito preso non hanno mai raggiunto il livello minimo di decenza.
Grazie a Maggio, Valdifiori, Chiriches, Strinic, Gabriel, Chalobah e tutti coloro che hanno preso parte a quest’avventura. Perchè tutta la flotta consente alla nave di solcare i mari alla ricerca di terre incontaminate e sensazioni mai provate. Nessuno escluso.
Grazie a Maurizio Sarri. Un po’ l’uomo della Provvidenza dopo il marasma del dopo-Benitez. Un artigiano del calcio capace di costruire un Napoli dalle Grandi Orecchie nel buio della sua bottega. Sarà dura reggere l’urto una volta finito sotto la luce dei riflettori. Ha plasmato una creatura da sogno, dovrà adattarla ai parametri della realtà. Grazie ad Aurelio De Laurentiis per aver creduto in questo signore in tuta e per averlo difeso. Grazie per il settimo anno consecutivo in Europa e la credibilità internazionale ottenuta. Abbiamo annusato trofei, l’auspicio è arrivare ad addentarli al più presto. Si è alzata l’asticella, presidente. E’ giunta l’ora di osare.
Ivan De Vita
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Articolo modificato 19 Mag 2016 - 10:28