Il 22 giugno 1986 è una data che il mondo del calcio non dimenticherà mai, è stato il giorno della Mano de Dios e al contempo anche quello della rete più bella della storia e tutto ad opera di un solo grandissimo giocatore espressione vivente di questo sport: Diego Armando Maradona. Si giocava Argentina-Inghilterra, quarti di finale di Messico ’86 quando El Pibe de Oro scrisse una delle pagine più belle e controverse del calcio.
A narrare quel giorno, in una intervista sulle pagine dell’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, è stato proprio l’arbitro di quell’incontro Ali Bin Nasser. Ecco quanto evidenziato da SpazioNapoli.it: “Ricordo tutto di quella giornata e poi ho rivisto quelle scene mille volte: prima solo in tv, adesso su Internet. Se volete sapere come è andata, vi dico subito che non è colpa mia. In quel Mondiale gli assistenti non erano considerati come adesso, l’arbitro doveva decidere su tutto. Allora la Fifa ci aveva dato un consiglio: se il guardalinee era meglio piazzato e l’arbitro non aveva visto, bisognava prendere in considerazione la decisione del collega. Fidarsi di lui. Io avevo dei dubbi, ma ho vi sto il guardalinee bulgaro Dotchev correre verso il centrocampo e ho dovuto adeguarmi. Lo stesso ha poi scaricato tutta la colpa su di me? Ho preso 9,4 su 10 nel voto del la Commissione tecnica della Fifa: hanno detto che io, l’africano, avevo seguito le consegne alla lettera. Non bisogna aggiugere altro, anche lui è stato fregato dalla mano di Shilton. Da allora ci siamo scritti: per anni diceva la verità, ammetteva che la responsabilità era la sua. Poi nel tempo ha cambiato idea, ma sono sicuro che non sia stato condizionato dal fatto che di mezzo c’era Maradona: aveva personalità sufficiente. Vi rivelo un segreto: se avessi avuto come collaboratori dei giovani assistenti, mi sarei fidato della mia sensazione e della mia esperienza. Avrei deciso di annullare. E magari non ci sarebbe stato il secondo gol. In ogni caso, io ho continuato a fare l’arbitro ad alti livelli: sono stato per dieci anni il miglior fischietto del mio continente, ho fatto tre finali di Coppa d’Africa. E anche dopo, ho avuto diversi ruoli nella federazione tunisina e nella Caf”
“Maradona l’ho rivisto lo scorso anno. Era a Tunisi, mi ha addirittura chiamato “amico eterno”. Abbiamo parlato di calcio e, ovviamente, di quella partita storica. Gli ho detto che se l’Argentina alla fine è diventata campione, lo doveva soltanto a lui, a Maradona. Mi ha risposto dicendo che la sua seconda rete, il gol del secolo, è invece merito mio: non ho fischiato subito, non ho fermato la sua avanzata. Se all’epoca mi sentii preso in giro da lui? Forse all’inizio, ma poi ho per donato: in fondo è parte del gioco. Di quella partita ricordo anche il caldo: 42 gradi all’ombra. Quando l’Inghilterra ha accorciato, ho pensato: “Ora mi tocca un’altra mezzora…”. Ma ero pronto, stavo dominando il match, avevo il controllo della partita: quel mio modo di arbitrare ha fatto persino scuola. Lo slalom del 2-0? Parlo da appassionato di calcio e non da arbitro: è stato un privilegio essere lì, fare parte di quel momento. La storia non si cancella. Quando Diego si avvicina va verso l’area, pensavo solo: “Poveri inglesi, poveri difensori, ora li salta tutti”. Era davvero capace di ogni cosa. Ho arbitrato tanti grandi giocatori, ma nessuno è come lui. Oggi ci sono più spazi: Messi e gli altri del Barcellona sono magnifici, ma io scelgo sempre Maradona. Per quello che rappresenta e per come rivoltava da solo una partita. Gli arbitri di oggi? Ormai è tutto un business, il calcio è una industria: si arbitra meglio, certo, si fanno meno errori, ma è impossibile pensare di azzerarli del tutto mettendo più soldi. Il calcio è un fatto umano, sbaglieremo sempre”.