Una nuova stagione è alle porte, ma in casa Napoli c’è ancora incertezza, legata ovviamente alla rosa che, dal venti agosto, comincerà la corsa in campionato e poi in Champions League. La bomba Higuain, non quelle classiche che si vendono a Capodanno, è scoppiata con mesi di anticipo e le voci che si susseguono fanno tremare, non poco, tutti i tifosi azzurri: il Pipita vuole andare via, sullo sfondo la figura imponente e minacciosa dei rivali di sempre pronti a strappare il bomber argentino dall’azzurro e colorarlo di bianconero. Sarebbe un incubo ma, allo stesso tempo, la crudele e beffarda ironia di un calcio che non conosce più bandiere o simboli, e che risponde non ai colori, ma a soldi, ricchezza, fame di vittorie, voglia di rivalsa.
Eppure a Napoli, lo sanno tutti, una certezza c’è. Il numero diciassette, storicamente, rappresenta la disgrazia nella smorfia napoletana: da circa nove anni è invece, all’unanimità, la provvidenza calcistica: quasi volontà degli dei del calcio. Quel numero ormai si identifica direttamente con Marek Hamsik, slovacco nato solo per caso a Banská Bystrica, di adozione napoletano e vero simbolo della rinascita partenopea, del nuovo corso azzurro. Perché, in mezzo a tanti dubbi, dalla permanenza dei campioni ad ogni nuovo campionato, i tifosi del Napoli hanno sempre un punto da cui ripartire e non è cosa da tutti. Cresta alta, fascia stretta al braccio, non una maglia indosso ma, di fatto, una seconda pelle. A Napoli sono passati tanti campioni, negli ultimi anni il San Paolo è stato teatro della consacrazione della maggior parte di essi. Poi sono andati via, trasferendosi in altri lidi. Altri partiranno, e puntualmente, ogni anno, lui è sempre lì.
IN PRINCIPIO FURONO LAVEZZI E CAVANI – Che tridente, col Pocho e col Matador. I tre tenori, oggetto del desiderio di mezza Europa, stelle brillanti di un Napoli che tornava di prepotenza sullo scenario del calcio europeo. Coppa Italia, Champions League, vittorie e soddisfazioni. Poi il vento cambiava e da Parigi piovevano soldi nelle casse azzurre: prima l’argentino, poi l’uruguaiano. Sembrava scontato, il prossimo potev
E POI IL PIPITA – Lo stesso percorso di Lavezzi e Cavani potrebbe essere ripetuto dal Pipita, improbabile però in direzione Parigi, ad oggi. Tre anni vissuti all’ombra del Vesuvio per l’ex Real Madrid, un ultimo che è stato quello della consacrazione. Esatto, perché a discapito della provenienza, Gonzalo Higuain è diventato IL CENTRAVANTI a Napoli, in particolare nell’ultima stagione: trentasei gol che, senza le tre giornate di squalifica, chissà quanti sarebbero potuti essere. Al Bernabeu tante reti comunque, ma mai al centro del progetto, mai una certezza, mai il titolare inamovibile. E ci mancherebbe, in una squadra di tutte stelle. Al San Paolo invece si è completato e consacrato definitivamente, è diventato bomber di razza, amato e glorificato da tutti. Sarebbe possibile desiderare altro per un calciatore? Ardua domanda che non ha trovato ancora risposte.
E lui, Hamsik, è rimasto sempre lì. Taciturno, in silenzio, a lavorare con e per gli altri, a rappresentare una Napoli calcistica che è tornata a sognare. Ha indossato ed indossa con onore i colori azzurri, è simbolo di una napoletanità verace e sincera, ha sposato il progetto, la città, la gente, perché non è semplicemente un calciatore, ma simbolo di una cultura intera. Perché, potete esserne certi, quando dalla “brughiera” del San Paolo spariranno tutti, stelle comprese, quando non ci sarà nemmeno più Higuain, lui sarà sempre lì, con la sua diciassette, con la sua cresta. Senza farsi domande, consapevole di sapere già le risposte: un’unica certezza per Napoli, Marek Hamsik. Un’unica certezza per Marek Hamsik: Napoli.
GENNARO DONNARUMMA
Articolo modificato 17 Lug 2016 - 16:07