Sarebbe stato bello se davvero ieri, o anche oggi, Gonzalo Higuain fosse andato a Dimaro. Bastava prendere una piccola valigia, o anche un borsone con poche cose, varcare la soglia del Rosatti e con un sorriso amaro, spento ed a metà, dire a Sarri con un abbraccio: “Mister, io vado via”. Lo avrebbe compreso, sicuramente non condiviso ma, occhi negli occhi sarebbe stato tutto diverso.
Avrebbe potuto non alimentare il silenzio, non ignorare coloro che hanno macinato migliaia di chilometri per vederlo, fare una foto con lui, farsi autografare una maglia. Perché chi va a Dimaro spesso parte da Napoli e sacrifica lavoro, famiglia e vacanze per stare al fianco della propria squadra del cuore. De Laurentiis lo aspettava, davanti ad un piatto di pasta per dirgli, con accento tra un americano maccheronico ed uno spontaneo romanesco: “Uelcàm tu Dimaro”. Lo aveva dichiarato solo pochi giorni fa, così vicini eppur lontanissimi.
Lo aspettavano Mertens, Callejon, Insigne che ha sempre abbracciato dopo un gol e che con l’azzurro della pelle sorridono ogni giorno, forti del calore inesauribile dei tifosi e quei sogni così belli perché da cullare e da costruire insieme. Forse, avrebbe voluto abbracciarlo anche Tonelli che un po’, quando cantava sotto la Curva “Un giorno all’improvviso mi innamorai di te” lo invidiava già dalla scorsa stagione. Gli avrebbe parlato delle emozioni degli inizi e di quella voglia di fare bene, che giorno dopo giorno si alimenta in una città unica come Napoli. Ma non lo farà.
Avrebbe dovuto parlare, di qualunque cosa, non alimentare silenzi. Perché un’amara verità è sempre meglio di una dolce bugia. Avrebbe dovuto essere il capopopolo all’ombra del Vesuvio, darsi un’altra possibilità. Ma a trent’anni, forse, il cuore si spegne a favore del pragmatismo: vincere, facile, guadagnare, tanto in più. Da parte sentimenti, empatia, romanticismo: non c’è spazio per questi sentimenti nel calcio moderno come a Dimaro non c’è spazio per Higuain.
Voi, che lo aspettavate non arrendetevi. Non spegnetevi davanti ad una mortificazione, camminate a testa alta. E quella maglia destinata al Pipita fatela firmare a chi Napoli ce l’ha nel cuore, a chi vive per portarla in alto ed invertire le gerarchie. A chi difende davvero quella città e non la lascia in secondo piano a favore di chi l’ha sempre denigrata. Adios, Pipita. Questa volta per sempre.
Alessia Bartiromo
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Articolo modificato 26 Lug 2016 - 23:46